DIALOGO TRA ESSERE E NULLA: SECONDA PARTE
Il Sofista è un dialogo che ci pone di fronte ad alcune tematiche platoniche che hanno già una loro storia.
Il problema del divenire, come quello ontologico, le considerazioni sulla conoscenza ( episteme) e sull’opinione ( doxa), il metodo e la dialettica richiederebbero approfondimenti a parte....
2023
Recensione di Beatrice

Recensione di Beatrice
IL DIALOGO TRA ESSERE E NULLA
Il Sofista è un dialogo che ci pone di fronte ad alcune tematiche platoniche che hanno già una loro storia.
Il problema del divenire, come quello ontologico, le considerazioni sulla conoscenza ( episteme) e sull’opinione ( doxa), il metodo e la dialettica richiederebbero approfondimenti a parte.
SECONDA PARTE
Il divenire si dice in molti modi
L’Essere (e l’essere in quanto diveniente) che costituisce l’autentico oggetto di riflessione del dialogo in questione, è certamente alla radice di ogni pensiero, compreso il più antico, e rimanda sempre a diversi significati.
I “molti modi di dire l’essere” e “i molteplici sensi” che sono propri “del divenire”, continuano con Aristotele a costituire il problema classico della filosofica antica.
Eraclito è passato alla storia della filosofica come il filosofo del divenire, Si può però dubitare che il pensiero di Eraclito si incentri sul divenire universale. E’ necessario esaminare quanto Platone conoscesse il pensiero eracliteo.
Nel SIMPOSIO Diotima afferma che tutto passa e si trasforma, anche il nostro sapere. Così Platone sembra condividere la posizione eraclitea, con la quale però polemizza nel CRATILO (402a) specialmente riguardo alla affermazione secondo la quale “non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume”.
Secondo Aristotele Platone avrebbe appreso questa interpretazione dall’eracliteo Cratilo, del quale sarebbe stato scolaro, e dal quale provenivano considerevoli estremizzazioni dell’insegnamento eracliteo tra le quali quella che sostiene che non solo non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, ma neanche una volta sola.
Con Aristotele si cercherà di dare una legge a questo divenire e Platone che considerava l’eraclitismo un modo un po' rozzo di vedere le cose, faceva comunque queste osservazioni:
“Su questo punto ( sull’idea che niente mai è ma sempre diviene) tutti i filosofi, uno dopo l’altro, a eccezione di Parmenide, si deve ammettere che sono d’accordo, Protagora, Eraclito, Empedocle; e anche sono d’accordo i migliori poeti dell’uno e dell’altro genere di poesia, Epicarmo della commedia, della tragedia di Omero, il quale dicendo – padre fu Oceano ai Numi e madre Teti – intese dire che tutte le cose hanno origine dal flusso e dal movimento”.
(TEETETO, 152 e 2-9)
Platone quindi sostiene che quasi tutti sono d’accordo, anche Eraclito, eccetto Parmenide.
E nel CRATILO conferma che la dottrina del divenire è stata assunta a fondamento filosofico da quasi tutti i sapienti.
Avremmo tutti, infatti, continuamente esperienza del fluire delle cose e del cambiamento di noi stessi attraverso la nascita, la crescita, la morte.
Hegel nelle sue LEZIONI DI STORIA DELLA FILOSOFIA, a proposito del problema del divenire nel pensiero greco si dichiara aperto alle proposizioni eraclitee.
Parmenide invece, secondo Hegel, avrebbe inteso l’essere e il nulla in sé, cioè non relazionati l’uno all’altra, ama come vuote astrazioni prive di contenuti. Ma Parmenide si era opposto alla visione eraclitea del mondo in maniera tutt’altro che grossolana.
Heidegger, nella INTRODUZIONE ALLA METAFISICA, muove ad Hegel e alla storia della filosofia occidentale una critica, quella di aver giudicato i primi filosofi alla luce della propria prospettiva e di aver visto in Parmenide, da solo, il primo momento, quello dell’essere vuoto di determinazioni. Mentre Heidegger evidenzia il fraintendimento che a torto nel corso della storia della filosofia ha evidenziato la contrapposizione tra l’essere parmenideo e il divenire eracliteo.
Platone non cade nella trappola del contrasto ma individua nel principio del divenire la negazione di un altro principio fondamentale: il principio di Identità.
Nel TEETETO Platone cita il famoso detto Protagoreo:
“Di tutte le cose misura è l’uomo: di quelle che sono per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono”.
Inizia così una lunga discussione con la quale vuole mostrare che accettando come vera questa considerazione, rimane impossibile raggiungere la verità ed avere qualche sicurezza sulle cose del mondo.
Platone intende l’uomo protagoreo come il singolo individuo esposto alle varie situazioni della sua vita che cambiano incessantemente. La discussione Platonica però prosegue lasciando in sospeso lo “sconvolgente” pensiero eracliteo. La contrarietà intima, costante e irrimediabile di tutto quanto è, è il vero pensiero eracliteo che infastidisce ancora le considerazioni platoniche della verità che verranno ampliandosi nel dipanarsi del Sofista, dialogo successivo al Teeteto. Platone polemizza col principio del divenire e con Protagora non perché l’intento sia quello di negarne l’importanza, ma per l’assenza di una prospettiva in più che riscatti e risarcisca l’assoluta mutabilità. Platone infatti non nega la dottrina eraclitea ma accenna ad un’altra dimensione dell’essere e tra divenire incessante e la quiete c’è l’istante, l’eterno che è una dimensione sacra.
Con Platone e Aristotele comunque, ci si allontana gradualmente dal pensiero eracliteo; per Aristotele l’essere si dice sì in molti modi ma pur sempre nel rispetto del principio di non contraddizione. L’univocità dell’essere è per Eraclito un’affermazione che rende sordi al Logos, alla sua ricchezza, alla sua molteplicità. Le parole già sono il segno della contraddittorietà della verità. In una parola troviamo non solo il suo significato esplicito, ma anche, se stiamo attenti, il suo contrario: la parola è guerra.
Il pensiero generale parmenideo sembra una risposta ad Eraclito: o si assume la posizione dei sofisti oppure si ritiene che determinate posizioni sono valide finché il nostro pensiero resta nella dimensione quotidiana della doxa, del divenire, ma quando si entra nella dimensione della ragione, della verità, l’essere è il pensare e il dire e la verità è univocità, è una.
L’essere si dice in un modo solo per Parmenide, è univoco perché è semplice. Qui si apre la strada della grande metafisica occidentale perché si apre la separazione tra il piano fisico e un piano diverso che è al di là della nostra esperienza fisico sensoriale.
Parmenide sembra essere il sapiente che individua ciò che può comportare l’affermazione eraclitea della divaricazione tra pensiero e cosa e cerca di aprire un’altra strada del pensiero, della conoscenza filosofica. Nel Teeteto Platone farà dire a Socrate che la dottrina parmenidea sarebbe troppo difficile da spiegare con un linguaggio filosofico comune e d’altra parte però un altro linguaggio non esiste, per questo probabilmente nel Parmenide parlerà di parricidio (la cui vittima sarebbe il padre Parmenide). Platone avrebbe criticato l’idea univoca e semplice di essere parmenideo e perciò avrebbe aperto un’altra strada che non è metafisica, perché non è scienza né discorso ma quella dell’istante, che è uno stato, un modo d’essere.
Vi è uno stato fuori dal tempo che è l’istante e solo in questa sorta di “stato straordinario”, posto per così dire tra movimento e immobilità, si diviene. L’istante non delinea solo una possibile soluzione del problema del movimento e del divenire, ma anche uno stato metafisico del tutto particolare, fuori dal tempo e anche da tutte quelle caratteristiche che competono alle cose che sono.
La Teoria delle Idee è la soluzione di Platone all’aporia rappresentata dal divenire; con esso si possono salvare i fenomeni e non violare il principio di non contraddizione e compiere la sintesi tra eraclitismo e parmenidismo.
Non in quanto ente l’essere è immutabile ma in quanto idea la quale è la specie unica intuibile in una moteplicità di oggetti. La Teoria delle Idee è l’eliminazione del dissidio tra ragione ed esperienza; il Sofista è il testo fondamentale per l’eliminazione di tale dissidio, il testo in cui la Teoria delle Idee, dall’iniziale significato gnoseologico del Teeteto, assume un significato metafisico-ontologico.
10-Aug-2023 di Beatrice