Abbiamo ricevuto dalla nostra famiglia le idee di cui viviamo così come la malattia di cui moriremo.
Napoli anni ‘80
La storia di una famiglia dall’infanzia dei figli alla separazione e alla riconciliazione.
Più che di tradimento, meglio parlare di interruzione della lealtà dice Domenico Starnone dal cui omonimo romanzo é tratto il film.
Una lealtà sconosciuta più che interrotta sembra quella tra i protagonisti della storia, una lealtà sulla carta, citata da un patto, superficiale come molte storie familiari.
Una formalità che funziona quella degli affetti fino a quando funziona.
Con tutte le conseguenze delle scelte, di quello che viene detto, più del non detto.
Tradimenti, risentimenti, ripicche, violazioni, omissioni, segreti.
Paternità infantili e irresponsabili, maternità acerbe e incompiute.
Privazione e furto di identità è l’eredità consegnata ai figli cresciuti in cattività con conseguenze imprevedibili e irreversibili.
I figli da piccoli amano i genitori. Una volta cresciuti li giudicano. Raramente, per non dire mai, li perdonano.
Luchetti mette in scena il racconto di Starnone: lo stereotipo della famiglia contemporanea e non solo, prodotto del progetto di una società che vede la consanguineità come il fertilizzante delle perversioni umane più funzionali all’infelicità e quindi al controllo.
La prima metà della nostra vita è rovinata dai nostri genitori, la seconda metà dai nostri figli.