PLATONE: LA DIVERSITÀ E IL PROBLEMA DEL NON ESSERE
Nel Sofista Platone elabora una teoria ontologica che ridefinisce il rapporto tra essere e non-essere, collocando il concetto di alterità al centro della sua riflessione.
2024
Recensione di Beatrice

Recensione di Beatrice
Quando incontro qualcuno dissimile da me, mi riconosco completamente nella dissimiglianza. Io sono, in quanto differisco dagli altri.
La metafisica come ontologia è la dottrina che studia i caratteri fondamentali dell’essere: quei caratteri che ogni essere non può non avere.
La scienza dell’essere in quanto essere, l’ontologia, ossia la teoria della sostanza, studia ciò che “un essere non può non essere”, cioè l’essenza necessaria o la necessità d’essere e si fonda perciò su un principio fondamentale che è, per Aristotele, “il principio più certo di tutte le cose”: il principio di non contraddizione. Solo questo principio infatti consente di delimitare e di riconoscere l’essere sostanziale.
É impossibile per la stessa cosa appartenere e non appartenere allo stesso tempo e allo stesso riguardo alla stessa cosa…è impossibile per chiunque supporre che la stessa cosa sia e non sia.
La sostanza è definita da ciò che fa essere la cosa quella che è, e per questo una cosa è nella sua identità e nel suo movimento nella sua forma e nella sua materia nella sua essenza e nel suo divenire.
E’ ciò che pur non opponendosi al movimento è unità sostanziale, un tutto che non può esser diviso se non teoricamente, pena la perdita della sua essenzialità ontologica.
INTERESSANTE DIVIENE L’INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA DEL NON ESSERE ALLA LUCE DI QUANTO È STATO DETTO.
Il dialogo di Platone il sofista è diventato molto famoso nella storia della ontologia per lo più per la discussione sull’essere e per il cosiddetto “parricidio parmenideo”, ossia il superamento più che capovolgimento della tesi di fondo dell’eleatismo.
Platone parte dalle seguenti idee: essere, identico, diverso, quiete, movimento, e, mentre queste due ultime non partecipano l’una dell’altra, l’essere partecipa di tutte come anche le idee di identico e di diverso partecipano delle altre che devono essere ciascuna diversa dall’altra e contemporaneamente identiche a se stesse.
Il non essere, quindi, come contrario dell’essere non può esistere in quanto dovrebbe essere la negazione dell’essere e questo non è possibile.
Di conseguenza il non essere è. Se viene inteso nel senso di diverso (Sofista 241d-242a).
Platone inizia tale percorso con l’ipotesi che il falso e la parvenza siano, con la considerazione che viola il principio parmenideo dell’impossibilità che ciò che non è sia. Il sofista diviene l’oggetto della cattura perché è colui che paradossalmente per non essere tacciato di divulgare sapere doxastico, sostiene l’impossibilità dell’errore e del falso. E Platone, con un gioco di sapiente ironia, sembra assumere con tutta serietà il punto di vista eleatico e la connessa aporia sofistica, ma poi, in parte, già attraverso un primo esame e soprattutto mediante il lungo excursus ontologico, li demolisce completamente, fino a dimostrare che il non essere è ed è indissolubilmente legato all’essere, come la diversità sull’identità.
Platone distingue tra il non essere come contrario e il non essere come altro dall’essere.
Il non essere in questione non è l’impossibile negazione dell’essere ma è l’alterità, che non è falsità, ma semplicemente alterità. Ma il semplice fatto che il non essere è non giustifica ancora l’errore, il falso necessario alla cattura del sofista.
Per fare questo Platone dovrà dimostrare anche la realtà del non essere del falso; dopo di ciò la sofistica potrà dirsi tecnica d’inganno e produzione di parvenze.
Platone giunge alla conclusione a cui voleva pervenire: il non essere è una specie della quale partecipano tutte le altre specie, così come partecipano dell’essere, in contrario nessuna di esse potrebbe distinguersi dall’altra.
Si potrebbe anche dire che c’è un essere in senso ristretto che ha come suo diverso il non essere; e vi è poi un essere in senso più largo che compete anche al non essere, e compete pure alla funzione dell’essere diverso.
Nel Sofista quindi Platone elabora una teoria ontologica che ridefinisce il rapporto tra essere e non-essere, collocando il concetto di alterità al centro della sua riflessione. Attraverso il dialogo dello straniero di Elea, il non-essere non viene più concepito come negazione assoluta dell’essere (in linea con il monismo parmenideo), ma come una modalità relazionale, ossia come ciò che è altro rispetto all’essere. Questo spostamento concettuale apre una prospettiva nella quale la diversità è pensata come un elemento costitutivo dell’ontologia e non come una sua negazione accidentale.
L’alterità come struttura dell’essere
Nel sistema platonico, l’alterità si configura come una delle categorie fondamentali che strutturano la molteplicità del reale. Ogni ente, in quanto tale, è ciò che è (partecipazione all’essere), ma è anche definito dalla propria relazione di differenza rispetto ad altri enti. L’essere non è quindi un’unità statica e monolitica, ma un orizzonte dinamico che si articola attraverso l’intreccio delle relazioni tra identità e alterità.
Questa concettualizzazione trova un’espressione paradigmatica nella teoria delle idee. Ogni idea platonica è ciò che è in sé e per sé, ma si determina anche nel suo essere-altro rispetto alle altre idee. Ad esempio, l’idea di giustizia è definita non solo positivamente, ma anche dalla sua alterità rispetto all’idea di bellezza o di sapienza. Tale pluralità non dissolve l’unità dell’essere, bensì la arricchisce, evidenziando come la diversità ontologica sia coessenziale alla possibilità del pensiero e del linguaggio.
La diversità platonica e la contemporaneità
Questa nozione di alterità come differenza interna all’essere può essere riletta in chiave contemporanea come una riflessione sulla diversità e il suo ruolo strutturante nelle società attuali. Nel contesto contemporaneo, infatti, il riconoscimento della pluralità delle identità culturali, sociali e individuali pone una sfida alla tradizionale ricerca di un’unità omogeneizzante, ma al contempo offre un’opportunità per ripensare l’unità stessa in termini di relazione e integrazione.
1. Ontologia della pluralità: L’ontologia platonica del non-essere come altro fornisce un quadro teorico per pensare la diversità non come negazione dell’identità, ma come ciò che ne permette l’articolazione. Ogni identità si costituisce nel rapporto con ciò che è diverso da sé: l’alterità, dunque, è condizione positiva per l’identità stessa. In ambito contemporaneo, questo principio può tradursi nel riconoscimento che le differenze culturali e sociali non sono ostacoli all’unità, ma ne rappresentano i presupposti.
2. Etica dell’alterità: La nozione platonica di alterità offre anche un fondamento per un’etica del riconoscimento. Il non-essere come altro implica che ogni relazione con l’altro non è un confronto con il nulla, ma con un’esistenza pienamente definita nella sua diversità. Questo richiamo all’interiorizzazione dell’alterità come parte integrante della realtà può ispirare pratiche contemporanee di dialogo interculturale e inclusione.
3. Politica della differenza: In Platone, la molteplicità degli enti e delle idee trova un’armonia nell’ordine superiore del Bene. Analogamente, una società contemporanea che valorizzi la diversità deve essere capace di integrare le differenze in un progetto comune, senza ridurle o omologarle. Tale visione implica una politica che non solo tollera, ma promuove la pluralità come risorsa per il bene comune.
L’attualità della diversità ontologica
La rilettura platonica del non-essere come alterità ci consegna una lezione che risuona profondamente con le sfide filosofiche e sociali contemporanee. Se per Platone l’essere è comprensibile solo nella sua relazione con ciò che è diverso da sé, allo stesso modo le società contemporanee possono essere pensate come tessuti dinamici di relazioni differenziali. La diversità, lungi dall’essere un ostacolo, diventa la condizione per la costruzione di una realtà condivisa, fondata sulla valorizzazione delle differenze come espressione della ricchezza ontologica del reale.
In conclusione, il rapporto tra essere e non-essere nel Sofista, riletto attraverso le categorie di alterità e diversità, ci invita a concepire la pluralità non come una minaccia all’unità, ma come la sua condizione fondativa. Platone ci offre così un paradigma teorico che consente di ripensare la contemporaneità: un’ontologia relazionale in cui l’altro, il diverso, non solo arricchisce l’orizzonte dell’essere, ma lo rende intelligibile e vivibile, costituendone il fondamento stesso.
18-Dec-2024 di Beatrice