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LA FILOSOFIA DEL VOTO

La Filosofia Del Voto


Cos’è un referendum?
Un referendum è uno strumento attraverso cui il popolo è chiamato a esprimere direttamente la propria volontà su una questione specifica, solitamente di particolare importanza politica, sociale o costituzionale.
In pratica, i cittadini votano “sì” o “no” a una proposta di legge, a una modifica costituzionale o a un tema rilevante, decidendo quindi in modo diretto, senza passare attraverso i rappresentanti eletti in Parlamento.

Recensito da Beatrice 09. June 2025
Il referendum è il punto più alto del confronto democratico: o scegli, o lasci che scelgano al posto tuo.
Gustavo Zagrebelsky


Il significato democratico del referendum
Il referendum è una delle espressioni più concrete e forti della democrazia, perché:
  • Dà voce diretta al popolo: non si delega la decisione ai politici, ma ogni cittadino può partecipare attivamente al processo decisionale.
  • Favorisce il confronto pubblico: intorno al referendum si sviluppa un dibattito aperto, dove diverse opinioni possono emergere, essere discusse e confrontate.
  • Rende i cittadini più consapevoli: chiamati a informarsi, riflettere e scegliere, i cittadini esercitano il loro ruolo in modo più attivo e responsabile.
  • Controlla il potere politico: il popolo può correggere o approvare decisioni che i governi o i parlamenti da soli non possono imporre senza il consenso popolare.
 
Tipi di referendum (esempi italiani)
  • Referendum abrogativo: serve a cancellare una legge o parte di essa. Si vota per abrogarla (cioè eliminarla). È il tipo più usato in Italia 
  • Referendum costituzionale: serve a confermare o respingere modifiche alla Costituzione. Non sempre ha bisogno di un quorum, e il risultato è vincolante 
In sintesi, il referendum è uno strumento di democrazia diretta che permette ai cittadini di incidere in prima persona sulle decisioni collettive. È una forma di partecipazione politica che rafforza la sovranità popolare, cioè il principio secondo cui il potere appartiene al popolo.
 
Perché non votare significa delegare il potere ad altri (e restare schiavi del sistema)
Non andare a votare può sembrare una forma di protesta o di disinteresse, ma in realtà è una scelta che ha conseguenze molto precise. In democrazia, il voto è uno strumento potente: è il momento in cui ogni persona, indipendentemente da status sociale, reddito o istruzione, ha lo stesso peso nella decisione collettiva.


Quando tutti si disinteressano del bene comune, il tiranno si presenta come unica voce nel silenzio generale.
Jean-Jacques Rousseau
 
1. Chi non vota lascia decidere gli altri
Quando non partecipi a una votazione – sia essa un’elezione o un referendum – stai rinunciando alla tua parte di potere. Quel potere, però, non scompare: va a chi sceglie di usarlo. In altre parole, decideranno gli altri per te. E magari non decideranno nel tuo interesse.


Il prezzo pagato dalle persone disinteressate alla politica è essere governate da persone peggiori di loro.
Platone, La Repubblica
 
2. L’illusione della neutralità
Molti pensano: “Tanto non cambia niente” oppure “Non mi rappresenta nessuno”. Ma questa posizione, in pratica, non blocca il sistema: lo lascia funzionare senza opposizione. Chi governa o fa le leggi continuerà a farlo, ma senza il tuo contributo. E allora il sistema non migliora: si irrigidisce, si chiude, diventa meno tuo.


Non si nasce cittadini: lo si diventa, esercitando ogni giorno la responsabilità della scelta.
Hannah Arendt
 
3. L’assenza è una forma di sottomissione silenziosa
In un sistema democratico, chi non partecipa finisce col subire. È come se ci si autoescludesse dalla possibilità di cambiare le cose. È un po’ come rinunciare a parlare in un’assemblea e poi lamentarsi delle decisioni prese.
E questo è il punto chiave: non votare è un modo per consegnarsi, in silenzio, a chi ha già il potere. È accettare le regole del gioco senza mai giocare. È, in fondo, una forma di schiavitù volontaria, in cui ci si adatta a un sistema che non si contribuisce a costruire.


L’indifferenza è il peso morto della storia.
Antonio Gramsci
 
4. Votare è difendere la propria libertà
Ogni voto, anche critico, anche contrario, è un atto di libertà. È dire: “Io ci sono. Ho un’opinione. Voglio contare.”
Partecipare non è solo un dovere civico: è un gesto di dignità. È il modo per non essere spettatori passivi, ma soggetti attivi della propria storia.
 
Il diritto di voto è l’unico strumento con cui chi non ha potere può fermare chi ne ha troppo.
John Rawls
 
Il referendum come atto di libertà e responsabilità
In un mondo che spesso ci fa sentire piccoli di fronte ai grandi meccanismi del potere, il voto referendario è uno dei pochi momenti in cui la voce del singolo diventa realmente collettiva, decisiva, determinante.
Non è solo una casella da barrare. È un gesto radicale, un atto di libertà incarnata. È l’occasione in cui l’individuo cessa di essere spettatore della storia e sceglie di abitarla, di attraversarla con coscienza.
 
Esistere è scegliere
L’essere umano è le sue scelte. Vivere autenticamente significa assumersi la responsabilità di decidere, anche quando la scelta appare complessa, scomoda o incerta.
Rifiutare il voto – o abbandonarlo all’indifferenza – è una forma di rinuncia all’esistenza in senso pieno: è lasciare che altri definiscano il nostro mondo.
Votare in un referendum è agire nel presente con la consapevolezza di incidere sul futuro. È affermare che la nostra libertà non è astratta, ma si concretizza nel mondo che contribuiamo a costruire.
 
Il potere di dire “sì” o “no”
Nel referendum, il potere non ci viene concesso dall’alto: ci viene restituito. In quel momento, lo Stato non parla al cittadino – è il cittadino che parla allo Stato.
Questa inversione dei ruoli è rara, fragile, preziosa. Ed è proprio nella semplicità della scelta – un “sì” o un “no” – che si manifesta la profondità del gesto democratico: si riconosce un limite, si indica una direzione, si afferma un valore.
 
Politica come cura del mondo comune
La parola “politica”, nel suo significato originario, riguarda la cura della polis, della città, della comunità. Votare in un referendum non è solo un diritto individuale: è un atto che ci lega agli altri, che ci costringe a uscire dall’isolamento narcisista del privato per entrare in una dimensione di responsabilità condivisa.
È dire: “Non mi basta lamentarmi. Mi espongo. Mi assumo una parte della responsabilità del mondo.”
 
Il referendum come esercizio di umanità
In definitiva, partecipare a un referendum significa riconoscere che siamo parte di un destino collettivo. È un esercizio di umanità, di consapevolezza e di libertà.
Fermarsi a riflettere e scegliere consapevolmente è un gesto rivoluzionario.
Non votare è abdicare a questa possibilità.
 
 
 
La paura della libertà è, in fondo, paura della responsabilità di decidere chi si è.
La libertà può essere un peso insopportabile; l’uomo può sentirsi solo e insicuro, e perciò pronto a rinunciare alla libertà pur di appartenere.”
(Erich Fromm)
 
 
È incredibile vedere come un popolo, appena perde la libertà, dimentichi con tanta facilità che l’aveva.
È dunque il popolo che si fa mettere il giogo al collo, che, potendo scegliere tra servire e vivere liberi, si assoggetta
(Etienne de La Boétie)
 
 
Chi si astiene volontariamente dall’esercizio del voto rinuncia, consapevolmente o meno, a una delle forme primarie dell’agire politico. In tal senso, il suo silenzio non è solo omissione, ma complicità strutturale nell’ordine che si perpetua. Lamentarsi a posteriori, pur non avendo contribuito alla costruzione dell’orizzonte collettivo, configura una contraddizione etica: è il paradosso di chi abdica al diritto di scelta, ma reclama il diritto di giudizio. Come già intuivano Rousseau e Kant, il cittadino non è soltanto colui che gode dei diritti civili, ma colui che partecipa attivamente alla definizione della volontà generale. Sottrarsi a tale dovere significa rinunciare, in parte, alla propria legittimità discorsiva all’interno della polis. L’indignazione di chi non vota è dunque un’eco svuotata: manca del peso dell’impegno, della traccia dell’atto. E nel vuoto lasciato da quella rinuncia si riflette una forma di libertà passiva, che cede al lamento ciò che dovrebbe essere azione.
Il lamento di chi non ha votato diventa il grido che risuona nel vuoto che lui stesso ha scavato, è come il naufrago che ha gettato i remi e poi impreca contro le onde.
 
 
Chi non partecipa alle elezioni consegna il proprio destino nelle mani di altri e perde il diritto di protesta.
George Bernard Shaw