COS’È LA POLITICA: ATTUALITÀ DEL DISCORSO PLATONICO DIALOGO TRA L’ESSERE E IL NULLA: TERZA PARTE
L'analisi platonica offre una prospettiva critica per comprendere le dinamiche della politica contemporanea, evidenziando il rischio di un predominio dell'opinione e della manipolazione linguistica sulle fondamenta della conoscenza e del ragionamento critico. La distanza tra l'aletheia e il discorso politico attuale pone interrogativi sulla possibilità o meno di ristabilire una relazione tra il pensiero filosofico e l'azione politica.
2024
Recensione di Beatrice

Recensione di Beatrice
In politica presumiano che tutti coloro i quali sanno conquistarsi i voti, sappiano anche amministrare uno Stato o una città.
La politica comune è troppo spesso l’arte di mandare innanzi a braccetto la verità e la menzogna, per modo che chi le vede passare non sappia distinguere quale sia la menzogna e quale sia la verità.
L'analisi platonica offre una prospettiva critica per comprendere le dinamiche della politica contemporanea, evidenziando il rischio di un predominio dell'opinione e della manipolazione linguistica sulle fondamenta della conoscenza e del ragionamento critico. La distanza tra l'aletheia e il discorso politico attuale pone interrogativi sulla possibilità o meno di ristabilire una relazione tra il pensiero filosofico e l'azione politica.
Il problema del relativismo cognitivo da una parte e il sapere stabile dall’altra è uno dei fili conduttori del dialogo di Platone Il Sofista.
Per esaminare l’importanza che questa tematica riveste nel pensiero platonico occorre definire cosa sia la conoscenza in Platone.
L’istanza gnoseologica è fondamentale per difendersi dal relativismo sofistico. L’uomo misura di tutte le cose può condurre al predominio dell’opinione, alla sopraffazione e non ad una conoscenza stabile.
Solo il filosofo ama la bellezza in sé e non l’apparenza.
Considerato che l’oggetto a cui si rivolge il filosofo è veramente ed è conoscibile, solo egli ha vera conoscenza. Scienza ed opinione sono differenti perché diverso è il valore ontologico dei loro oggetti di ricerca.
Alla scienza si riferisce il vero essere, all’opinione l’opinabile, all’ignoranza il non essere.
Platone fa dell’opinione la forma di conoscenza appropriata alle sole cose che sono intermedie tra l’essere e il non essere.
L’opinione non può mettere l’anima in contatto con le idee, e nemmeno confrontando le opinioni tra loro (Teeteto 187b) è possibile distinguere il vero dal falso.
Nel Cratilo Platone affronta il problema del linguaggio ma anche quello della conoscenza: il modo migliore per conoscere le cose non è quello che avviene tramite il nome che è solo immagine, ma la conoscenza si ha solo a contatto diretto con le cose (438a).
Tema centrale del Teeteto, in continuazione col Cratilo è individuare in cosa consiste il conoscere: per questo si fa obiezione al relativismo di Protagora per il quale l’uomo è misura di tutte le cose e di Teeteto che definisce la conoscenza come sensazione, presentando altresì la dottrina parmenidea per la quale tutto è quiete. La nuova definizione del conoscere che viene presentata in questo dialogo prevede che non siano i sensi che sentono ma che sia la psiche che sente mediante i sensi. Inoltre ci sono anche cose che l’anima conosce direttamente senza l’intervento dei sensi. Esiste un conoscere come opinione, ma anche un conoscere stabile, l’episteme, che però aporeticamente non si riesce a definire esattamente cosa sia.
L’opinione, la doxa, designa genericamente qualsiasi asserzione, dichiarazione, conoscenza o credenza, sia che includa sia che non includa una garanzia della propria validità. Platone considera da un lato l’opinione come qualcosa di mezzo tra la conoscenza e l’ignoranza (Repubblica 478c) e come comprendere la sfera della conoscenza sensibile; e da questo punto di vista afferma che neppure l’opinione vera sta ferma nella psiche finché non venga legata con un ragionamento causale, e così diventi scienza.
La doxa è la forma di conoscenza che si addice al mondo del cambiamento, al mondo dell’ambiguità, della contingenza. Su questo punto sono d’accordo tre testimoni che su altri punti si trovano spesso in contrasto: Platone, Aristotele e Gorgia. Questo sembra indicare che gli elementi di affinità della doxa con il mondo dell’ambiguità non sono fortuiti.
Per Gorgia e per il pensiero retorico la doxa si fonda sul fragile e l’instabile; chi lo segue non può raggiungere che posizioni vacillanti: la conoscenza è solo l’impossibilità di conoscere veramente, lungi dall’appartenere all’ordine dell’episteme, la doxa è dell’ordine del kairos, si colloca nell’ambito della possibilità, dell’ambiguità. L’instabilità della doxa è un dato fondamentale e nessuno più di Platone ne ha messo in rilievo gli aspetti di ambiguità.
I primi sofisti si affermano come specialisti dell’azione politica ancor prima di quelli della generazione successiva: erano uomini dediti agli affari umani, ad un ambito pressochè instabile ove occorre valutare l’opportunità (kairos), sostiene Aristotele (Etica Nicom., II, 2, 1104 a8-9).
Il politico e il sofista ricoprono quindi un campo assolutamente lontano da quello rivendicato da Parmenide e dalla figura del filosofo: il campo dell’opportunità (kairos), dell’opinione (doxa) e non della conoscenza (episteme).
Il sofista, insieme al retore è tecnico del logos. Entrambi sollecitano ad una riflessione sul logos, un logos usato come strumento, come mezzo per agire sugli uomini. Il sofista costruisce un edificio di parole per evidenziare la tensione dei due discorsi possibili su ogni cosa, dalla contraddizione delle due tesi a proposito di ogni problema.
Il sofista sarebbe il teorico dell’ambiguo e adopera questo strumento per fascinare l’avversario attraverso la logica dell’ambiguità del trionfo del più piccolo sul più grande. Scopo della sofistica, come della retorica è la persuasione, l’inganno.
Per questo Platone vuole catturare il sofista sul piano dello pseudos, del non-essere, vuole smascherare il maestro dell’illusione e fanatico dell’inganno proprio mentre propaganda la finzione come fosse realtà.
Per il sofista, la parola, il discorso, non è strumento di conoscenza del vero: tra la parola e le cose non c’è differenza.
Per Gorgia, che trae le conseguenze ultime di questa concezione, il discorso non rivela nulla, non ha nulla da comunicare e non può creare alcun tipo di comunicazione con altri… la potenza del logos è sconfinata: reca il piacere, allontana gli affanni, affascina, persuade trasforma per incanto. Dunque, su questo piano, il logos non aspira mai a dire l’
aletheia ma è semplicemente un gioco.
Sofistica, retorica e eristica sono estranee al piano dell’episteme, la parola è sempre giocattolo, trastullo senza alcuna veritiera pretesa, persuasione, agone.
Sembra quindi che alla filosofia rimanga il problema dell’essere e l’ambito dell’aletheia, la distanza tra le parole e le cose, fra il “vero” e l’ “ingannevole”.
La maniera migliore per avere successo in politica è trovare una folla che sta andando da qualche parte e mettercisi davanti.
La riflessione di Platone sulla conoscenza, l'opinione e il linguaggio, come emerge dai dialoghi citati, pone questioni che risuonano profondamente nel panorama politico contemporaneo. Platone ci avverte dei pericoli insiti nel relativismo sofistico e nella doxa, la conoscenza instabile e contingente, che domina il campo delle opinioni e delle decisioni basate sull'opportunità (kairos). Questi elementi, lungi dall'essere confinati al mondo antico, caratterizzano gran parte del discorso politico attuale.
Il relativismo cognitivo e l'epoca della post-verità
Il problema platonico del relativismo si manifesta oggi nell'era della post-verità, dove i confini tra verità e finzione si fanno sempre più labili. La "politica del consenso", costruita spesso su narrazioni emotive e strategie persuasive, richiama il logos sofistico, descritto da Platone come uno strumento di fascinazione e inganno. I politici contemporanei, come i sofisti, sembrano operare in un ambito di doxa, producendo discorsi volti non a rivelare il vero, ma a suscitare adesione e consenso attraverso l'uso strategico del linguaggio.
La critica platonica al sofista come maestro dell'illusione trova un parallelismo nelle figure politiche e mediatiche che manipolano l'informazione. La proliferazione di fake news e la polarizzazione dei dibattiti testimoniano quanto la doxa, anziché l'episteme, domini le arene pubbliche.
L'opinione e la scienza nella democrazia contemporanea
Platone distingue l'opinione (doxa) dalla scienza (episteme), attribuendo solo a quest'ultima la capacità di connettersi con il vero essere. Questa distinzione pone interrogativi cruciali sulla relazione tra competenza e rappresentanza nella politica moderna. Nei sistemi democratici, l'ideale di uguaglianza rischia talvolta di confondere la validità dell'opinione di chiunque con quella della conoscenza specialistica. La "crisi delle élite" e il rifiuto della competenza tecnica riflettono, in parte, un'inversione del principio platonico per cui il governo spetterebbe ai filosofi, ovvero a coloro che possiedono una conoscenza stabile e veritiera.
Il dibattito sui cambiamenti climatici è un esempio paradigmatico: nonostante la vasta mole di evidenze scientifiche (episteme), l'opinione pubblica è frammentata e influenzata da narrazioni contrarie, spesso fondate su interessi contingenti e strategie retoriche.
Politica come opportunità: kairos e il tempo dell'agire
La politica, descritta da Aristotele come l'arte del kairos, ovvero dell'opportunità, rimane uno spazio intrinsecamente legato alla contingenza. Tuttavia, Platone sottolinea che l'eccessiva dipendenza dalla doxa e dalla retorica conduce a una governance instabile, priva di solide fondamenta etiche o razionali. Questo si riflette nella contemporaneità, dove le decisioni politiche vengono spesso prese in risposta a crisi immediate, piuttosto che su visioni di lungo termine. La rapidità delle decisioni dettata dai media e dall'opinione pubblica accentua questa inclinazione al kairos, rendendo difficile perseguire un'azione orientata al bene comune.
Linguaggio e manipolazione
La visione platonica del linguaggio come strumento di connessione tra il pensiero e il reale entra in contrasto con l'uso strumentale del logos nel discorso politico contemporaneo. Il linguaggio politico odierno, spesso ridotto a slogan, narrazioni semplificate e soundbite, ricorda il "gioco" retorico di cui Platone accusa i sofisti. Se per Gorgia il logos è mera possibilità e strumento di persuasione, oggi assistiamo a una simile riduzione del discorso politico a tecnica di manipolazione emotiva, che allontana dalla ricerca dell'aletheia, della verità.
La politica fu in primo luogo l’arte di impedire alla gente di immischiarsi in ciò che la riguarda. In un’epoca successiva si aggiunse l’arte di costringerla a decidere su ciò che non capisce.
11-Dec-2024 di Beatrice