
Recensione di Beatrice On 23-Jun-2023
Terzo film della trilogia di Brizè sul mondo del lavoro.
Si apre con le foto della famiglia, da quelle meno recenti, felici e spensierate a quelle più attuali.
Philippe é il dirigente provinciale in Francia di una azienda multinazionale.
Si parla di esubero e si esige una riduzione dei posti di lavoro del 10 per certo. Dall’esame del Dott. Lefevre, interno all’azienda, questa riduzione comporterebbe seri problemi di qualità e di gestione della filiale. Philippe comprende questa perplessità e documenta in modo dettagliato le difficoltà a cui si andrebbe incontro fornendo un piano alternativo. Ai complimenti per il lavoro svolto si replica asserendo che non era quella la richiesta rivolta al dirigente e se costui ha un capo al quale deve rispondere quel capo ha a sua volta un padrone inflessibile: Wall Street.
Contemporaneamente il divorzio in corso, la slatentizzazione di un problema psichiatrico del figlio minore, rendono la vita dì Philippe un inferno esistenziale.
Dover rassicurare i dipendenti da un lato e rispondere alle esigenze degli azionisti dall’altro lo incastrano in un impiccio legale non indifferente.
Massimizzare i profitti è l’unico obiettivo dell’azienda che tende a delocalizzare e il dilemma oscilla tra diventare complice di un sistema spietato o tornare, dopo 25 anni, ad una vita instabile.
Dopo La legge del mercato (2015) e In guerra (2018) Brizè torna al tema centrale della trilogia: il posto di un uomo nel sistema.
Il tema dell’industria culturale, del capitalismo globalizzato, dell’inferno del mercato del lavoro contemporaneo si compie in Un autre monde, miglior film della trilogia, per tensione esistenziale su tematiche familiari, sconvolte dal mondo del lavoro, per tensione etico-politica e per la capacità di tradurre in storie e figure di grande sofferenza e umanità il confine tra il documentario e la finzione.
Qui la finzione fa da padrona rendendo artisticamente visibile ciò che il mondo del mercato riproduce irreparabilmente.
Tematiche trattate abilmente da Lauren Cantet, Robert Guediguian, Ken Loach, indugiano da anni su temi dai quali è facile distogliere lo sguardo e sui quali questo cinema sosta, ricerca, documenta.
Brizè, con una narrazione asciutta, non sottrae nulla all’umanità di questi temi, candidando Vincent Lindon a interpretazioni indiscutibilmente efficaci.
Seppur radicato al mondo del lavoro la filmografia del regista diventa il caleidoscopio attraverso il quale individuare le sfaccettature del sistema, con tutte le sue distorsioni e deformazioni.
“ Se il denaro diviene il generatore simbolico di tutti i valori, l’etica, di fronte alla tecnica, diventa patetica: non si è mai visto che un'impotenza sia in grado di arrestare una potenza. Il problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi.”
23-Jun-2023 di Beatrice