THE SUBSTANCE

Coralie Fargeat

2h 20m  •  2024

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Recensione di Beatrice On 13-Oct-2024

Ciascuno possiede un corpo e al tempo stesso ne dipende: solo quando si avverte la sensazione di abitarne ogni minimo recesso non ci si riduce più a esso, a meno che non si voglia seguire una via folle che consiste nel disancorarsi dal proprio corpo, oppure una via perversa nella quale non ci si distingue più da esso.

Sparkle your Life

La stella del Walk of Fame viene sporcata dal fast food caduto in terra insieme alla salsa ketchup, effetto sangue.

É il giorno del cinquantesimo compleanno di Elisabeth e fino ad ora la sua vita è stata scintillante.

Oggi come regalo riceve una notizia, dovrà essere sostituita per sopraggiunti limiti di età e soprattutto di tonicità.

É una sorta di Jane Fonda dell’aerobica ma ormai i media hanno bisogno di carne fresca.

Qualunque casting ricerca donne tra i 18 e i 23 anni e per lei non c’è posto.

Il disgustoso Harvey, suo producer, nonostante gli accordi contrattuali non intende “fare beneficenza”: “lo sai che la fertilità di una donna comincia a diminuire a 25 anni?”, “abbiamo bisogno di una giovane calda”.

Ritratto mostruosamente attraverso grandangoli deformanti, mentre mangia avidamente un cumulo di mazzancolle, conferma volgarmente che il rinnovamento è inevitabile.

A causa di un incidente Elisabeth viene a conoscenza di un prodotto: The Substance, la sostanza che sconvolgerà irrimediabilmente la sua esistenza.

La scelta di partorire un’altra sé, solo come una alter ego: deve ricordare che è sempre e solo UNA.

Hai mai sognato una versione migliore di te? Più giovane, più bella, più perfetta?

Una cellula sdoppiata e iniettata consentirà questo prodigio che farà vivere i due corpi alternativamente una settimana per uno, senza possibilità di deroga.

Il tutto avviene in un bagno asettico stile macelleria, dove la schiena si squarcia per fare uscire l’altra, detta Sue, che ricucirà la carne della sua stessa carne…

Spasmi, sangue, rantoli, rumori, musica assordante, immagini ipnotiche e disturbanti, infiltrazioni di Activator, Stabilizer, Switch, Food Matrix, Food Other Self fanno dei due corpi un laboratorio di identità alternate al ritmo ineludibile di 7 giorni ciascuna che è sempre e solo una, mentre due uova friggono in padella.

Sue inizia a cavalcare il successo, contemplata come una divinità che si muove insieme alle altre ancelle, attraverso un linguaggio del corpo ammiccante e provocante accompagnato da riprese ginecologiche al ritmo di PUMP IT UP… occorre dare il meglio!

Ma qualcosa di annunciato e tuttavia disatteso comincia a sortire i suoi effetti.

Dopo una prima parte sorprendente, sofisticata e ben strutturata la sceneggiatura inciampa in una grottesca e rocambolesca seconda parte fastidiosa e trash. Il finale tuttavia recupera e si attesta sulla imprevedibilità, il sarcasmo e la farsa.

Si racconta l’incubo, l’abisso, l’ossessione della perfezione estetica prodotta dal sistema mediatico parassitario che fa del corpo femminile la perfetta cavia da laboratorio.

Nel bel mezzo dell’orrore di corpi sezionati, scrutati, spiati, usati, venduti e sacrificati sull’altare dell’audience, la sequenza più significativa è quella dell’impossibilità di Elisabeth di riuscire a vivere la normalità di un incontro perché ormai contaminata dalla sua immagine eteroprodotta e autoconfermata da un mercato che non distingue il corpo dall’insieme degli organi.

La fabbricazione artificiale della bellezza femminile prodotta dallo sguardo basico maschile per attraversare la connivenza patriarcale passiva delle donne e approdare alla misoginia culturale diagonale, verticale e orizzontale che sia.

Niente cambia perché nulla cambi davvero. Dalla California all’Italia.

Da Hollywood al BungaBunga, lo stereotipo trasversale della bellezza giovane e tonica è il retaggio patriarcale etero basico del maschio acefalo che fertilizza il terreno del pianeta donna.

Dallo Sparkle di Elisabeth al Drive in, dal Pump it Up di Sue allo Striscia la Notizia delle veline, le inquadrature ginecologiche percorrono l’ahinoi contemporaneo Ciao Darwin, indecoroso, ultra trash, perverso e polimorfo pop degrado dei media mentre la tv commerciale vende materassi con adagiate sul memory foam giovanissime ancelle seminude.

Tutto cambia perché nulla cambi davvero!

Nessun barlume di speculazione nell’artificiale fabbricazione di corpi ad uso e abuso mediatico: la vita biologico/estetica viene prima e il percorso spesso si esaurisce lì senza possibilità di riscatto.

L’unica vendetta, ridondante ricorso della regista francese, sta nel sangue buttato in faccia a quel pubblico fatto di vecchi, decrepiti azionisti maschi, reginette in nuce, altoborghesi conniventi e capitalismi finanziari indifferenti e autoreferenti.

Solo la mostruosità prodotta dal sistema rivendica il proprio statuto trasformandosi infine in una Medusa sorridente che invoca l’orrore, l’altra faccia del bello che affascina e respinge, seduce e uccide riconducendoci all’inizio, alla prima scena in una circolarità tragica e abissale.

Come non possiamo essere semplicemente il nostro corpo perché ciascun individuo è irriducibile alla materia o alla funzione dei suoi organi, parimenti, non possiamo avere semplicemente un corpo, a meno che non si presuma che il soggetto di tale possesso sia un’anima disincarnata che anima il proprio corpo come il timoniere con la sua nave. Ognuno di noi è sia un corpo fisico proiettato nel mondo di fuori sia un corpo psichico che rimanda al di dentro dell’essere.

Ma questa è un’altra storia.

13-Oct-2024 di Beatrice