
Recensione di Beatrice On 20-Aug-2023
I fratelli Burbank sono la tipologia ranch di Romolo e Remo. Phil bello, prepotente, supponente, omofobo e violento; George “panzone”, pacato, riflessivo e mite. Nulla però è come sembra: i due fratelli ricchi possidenti di bestiame hanno dormito per 40 anni nella stessa camera pur avendo a disposizione un enorme e lussuoso ranch.
Nonostante o grazie alla ostilità di Phil, George sposa la vedova locale Rose che si trasferisce nel ranch con il figlio, “la femminuccia” Peter.
Il ragazzo vuole fare il chirurgo e sta studiando per questo; tra composizioni di fiori con la carta e dissezioni di conigli, cresce con libri e cavalli.
Adattamento dell’omonimo romanzo del 1967 di Thomas Savage, la Campion traspone per il grande schermo la storia dalla quale dichiara di essere rimasta stregata. I temi della mascolinità, della nostalgia e del tradimento, accompagnati da un titolo biblico, riescono a rendere, in modo tutt’altro che didascalico fortunatamente, il significato, il senso del racconto.
Si scoprono complessità e profondità che delineano i personaggi e la propria ambiguità; una forte tensione psicoemotiva, un subdolo gioco delle parti ovattato dalle apparenze con temi solo accennati o nascosti.
Oltre a questo una denuncia della condizione disagiata e separata degli indiani d’America, ghettizzati nelle riserve, e più in generale una attenta osservazione ed uno studio approfondito sulla condizione umana e la propria fragilità e sulla indubbia difficoltà relazionale che scava oltre le apparenze.
Salva l’anima dalla spada, salva il cuore dal potere del cane.
Il potere del cane è la capacità e la consapevolezza dei ricchi e dei potenti di poter opprimere i poveri e coloro che non hanno nessun tipo di potere, inoltre nello slang americano il cane, soprattutto il cane nero è un sinonimo di dipendenza.
Il film è la rappresentazione della matrioska infinta di violenze e sottomissioni determinate da famiglie, affetti, esperienze, assenze…
Interrompere la catena delle quali è l’impossibile ostacolo al destino di una umanità troppo fragile per spezzarla, troppo incosciente per individuarla.
Ognuno è vittima e carnefice del proprio e altrui percorso, servo o padrone a senso alternato, alienante o alienato a piacimento.
Il corto circuito delle dipendenze determinate dall’eredità, dal contagio, dal rigetto e interrotte solo dalla psicopatologia anarchica o sistemica sono il risvolto che abilmente la Campion costruisce.
L’antrace, il batterio che inquina il corpo e la vita di Phil si insinuerà malde-stramente in tutti coloro che vorranno trovare un riferimento al Brokeback Mountain di Ang Lee con il quale non ha assolutamente nulla da spartire.
Liberaci dal potere del cane e dalle sciocche e superficiali similitudini… sebbene dalla spada nessuno salverà la nostra anima!
Gli uomini onorano ciò che giace nella sfera della loro conoscenza ma non si rendono conto di quanto dipendano da ciò che giace oltre.
20-Aug-2023 di Beatrice