
Recensione di Beatrice On 20-Aug-2023
Jacob Voelz è un prete cattolico in un penitenziario di Stato, tormentato dalla preghiera.
E mentre la comunità sta aspettando che celebri la messa insieme al suo collega e amico Dominik Bertram, due agenti della polizia chiedono a quest'ultimo di seguirli alla stazione per essere posto in custodia.
Jacob verrà a sapere dal suo amico, nonché Vice Vicario Generale, che Bertram è accusato di molestie sessuali su un adolescente.
Parallelamente vive l'inquietante notizia anche rispetto ad un detenuto civile accusato dello stesso reato. Ma mentre Bertram, incarcerato viene attaccato dagli altri detenuti e picchiato per poi essere rilasciato su cauzione, non seguirà la stessa sorte per l'altro detenuto che riceverà una condanna a venti anni di reclusione.
In un primo momento Jacob non crede alle accuse rivolte a Bertram, soprattutto perché quest'ultimo nega ogni responsabilità, ma non esita ad intraprendere un'indagine privata che lo condurrà ad una amara verità.
Jacob è un uomo perseguitato dal peccato, la sua preghiera continua ed ossessiva fa scorgere sin dall'inizio un segreto che forse lo accompagna e che apre a tutto il non detto e il non esplicitato di questo film.
Evidentemente anche la scoperta della verità lo getta in una crisi di fede, soprattutto laddove coglie nelle istituzioni ecclesiastiche la necessità immorale di tutelare e coprire le responsabilità che gravano sul suo amico.
Jacob scopre in modo traumatico anche la realtà di un altro ragazzo abusato dal suo amico Dominik e la sua indignazione morale cresce, oltre al suo disagio intimo.
Giustificare tale comportamento per non infangare il nome della Chiesa, soprattutto "perché la Chiesa è una madre e una madre non va colpita" come gli dicono i suoi superiori, gli fa comprendere che non ci possono essere due verità, una che accettiamo e una di cui abbiamo paura.
Si rende conto che la gerarchia ecclesiastica esercita il controllo e fa rispettare il silenzio attraverso la segretezza, l'intimidazione e la minaccia di esclusione soprattutto quando ascolta la scioccante confessione di Mike Rubin, la vittima degli abusi e di sua madre Vera.
Qualcosa di troppo grande lo tormenta e non è in grado di mentire a se stesso, neanche laddove i genitori dei ragazzi abusati sembrano scendere a compromessi con il potere che la Chiesa stessa esercita nei confronti di ragazzi e famiglie in difficoltà.
Giustificare il comportamento di Bertram cercando di riconoscere "tutto" quello che avrebbe fatto per i ragazzi, non gli sembra accettabile come far cadere nel silenzio l'omertà delle istituzioni che hanno fatto tutto per farlo scagionare, facendolo passare per qualcuno che va aiutato e non giudicato.
Jacob è tormentato, l'altro detenuto gli ricorda di essere stato condannato perché non ha il colletto bianco come il suo, la Chiesa lo sta tradendo come ha fatto il suo amico Bertram.
Se "Dio ti protegge a prescindere da quello che fai o che farai", parola delle potere ecclesiastico, la presa in cura del centro giovani non gli sembra in buone mani.
Il lancio della Bibbia sulla croce gli fa scagliare la rabbia su chi sta cercando di comprare la propria innocenza rispetto a chi è innocente davvero.
Ma la Chiesa va avanti e durante la cerimonia di ordinazione di nuovi preti accade qualcosa che fa scoprire la reiterazione del reato.
Indimenticabili sono le parole di Bertram quando accusato di aver abusato di Mike, sembra discolparsi dichiarandosi innamorato...
La reazione violenta di Jacob a questo punto sembra doverosa e rivelativa di tutto il non detto e il non visto del film...
Quel eventuale solo supposto che gli restituisce realtà, credibilità e relatività soprattutto rispetto ad una morale umana troppo umana per essere così eticamente trascendentale.
La continenza sessuale richiesta dalla Chiesa ossia quella di resistere a tutte le tentazioni e seduzioni della carne non sarebbe possibile se non accompagnata dalla preghiera, dallo spirito di servizio, dalla umiltà e dalla carità...
Ma come Kant insegna
Che relazione c'è tra comportamento morale e felicità?
Nessun essere finito e mortale per Kant potrà mai raggiungere pienamente la santità e quindi la felicità autentica ma chi persegue la propria felicità in modo immorale, sceglie deliberatamente di opprimere le altre persone e quindi danneggia irrimediabilmente l'umanità non solo negli altri ma anche in se stesso.
Rinunciando all'uso pratico della ragione l'individuo immorale si rende però prigioniero dei propri desideri, completamente determinato da essi. Ogni sua azione sarà dettata da scopi limitati e mutevoli, raggiunti i quali non proverà altro che nuovi desideri, sarà sempre in balìa del suo comportamento eteronomo dettato dalle passioni piuttosto che di un comportamento autonomo dettato dalla ragion pratica che si traduce nella legge morale.
Pertanto basterebbe la morale trascendentale Kantiana, senza scomodare la legge divina per attuare un comportamento etico attraverso l'uso di quella ragione così pratica da comprendere che abusare di un minore è danneggiare il prossimo tuo e te stesso.
Jacob questo lo avverte, lo sente, perché la morale è "sentire il bene" e dipende dalla volontà libera ed attua il volere della ragione.
A tutto questo e molto altro sollecita la visione di The Culpable laddove tutto ciò che è fenomenicamente visto e raccontato non esaurisce se non parzialmente tutto ciò che è noumenicamente rimandato al non detto, al non visto che fa di questa esperienza una conoscenza unica, a tratti indicibile e inesplicabile.
20-Aug-2023 di Beatrice