
Recensione di Beatrice On 01-Dec-2024
Scrutiamo tanto volentieri nel futuro, perché tanto volentieri volgeremmo a nostro favore, con taciti desideri, ciò che in esso oscilla, l’incerto.
Sette giorni trascorsi nel limbo di una coppia.
Nel rifugio esclusivo di una società privilegiata; una minoranza fortunata vive protetta sotto un'invisibile cupola, un fragile baluardo che assicura aria respirabile e acqua pura. Al di fuori di questo guscio, la terra è un'ombra di sé stessa: un deserto radioattivo, sterile, privo di possibilità. Qui, la sopravvivenza non è un diritto, ma un privilegio che comporta un tributo: la rinuncia alla libertà di decidere sulla procreazione. Ogni nuovo nato è il frutto di un rigido processo di selezione, una lotta contro il giudizio implacabile di un sistema che valuta chi merita di trasmettere la propria esistenza.
In The Assessment, opera prima di Fleur Fortuné, ci troviamo immersi in una distopia che non si limita a denunciare il collasso ambientale, ma scava nelle fondamenta della genitorialità come promessa di un futuro. La narrazione, ideata da Dave Thomas, Nell Garfath-Cox e John Donnelly, si snoda attorno a Mia e Aaryan, una coppia sopravvissuta all’impossibile: ottenere la possibilità di sostenere l’ultimo e più crudele test per diventare genitori. Sette giorni di osservazione, con Virginia come arbitro, ma anche come catalizzatore di tensioni e illusioni.
Virginia non si limita a osservare. Assume il ruolo di una bambina, un’ombra infantile che si insinua nella psiche di Mia e Aaryan, simulando, deformando e amplificando le dinamiche familiari. Ogni gesto diventa un’incisione sottile, un test sul limite della sopportazione, una provocazione che sconfina nella paranoia e nella crudeltà. La sua presenza trasforma il test in un'esperienza di violenza psicologica, dove il controllo e il giudizio diventano strumenti per sondare le crepe della coppia.
La tensione cresce, ma non senza prevedibilità. Gli schemi narrativi di una storia chiusa in uno spazio limitato, con un piccolo cast, finiscono per incanalare il racconto verso risvolti intuibili. Virginia si svela meno come personaggio e più come dispositivo narrativo, un meccanismo di tensione che, pur affilato, non esplora a fondo le implicazioni del proprio ruolo. Quando il film rompe l'unità di tempo e luogo, tradisce un’ambizione di spiegare ciò che poteva essere lasciato all’intuizione, perdendo parte del mistero che lo aveva sostenuto.
Eppure, momenti di profonda fascinazione emergono, come nella tecnologia delle simulazioni sviluppata da Aaryan, capace di far trapelare il virtuale nella realtà sensibile, trasformandolo in qualcosa di percepibile e quasi tangibile. È un’idea che vibra di possibilità metafisiche, ma che il film esplora solo di sfuggita, accennandola nel finale con troppa timidezza.
The Assessment non si concede il lusso di svolte spettacolari o rivelazioni sconvolgenti. La regia di Fortuné si concentra su un minimalismo austero e spietato, un linguaggio cinematografico che sembra evocare la freddezza analitica di un'intelligenza artificiale. L’amore, qui, non è un sentimento pulsante, ma un concetto dissezionato, ridotto a un algoritmo di gesti e intenzioni incomprensibile per qualsiasi macchina.
In questo claustrofobico esperimento, i protagonisti si perdono in un gioco di manipolazioni mentali, seduzioni implicite e giochi di potere sottesi. La trama si avvolge su sé stessa, intrecciando complessità scientifiche, virtuali e narrative in un labirinto che conduce a un finale cupo e oppressivo. Non è il dinamismo delle azioni a emergere, ma il linguaggio stesso del controllo, che rimodella i destini e soffoca ogni possibilità di autentica libertà. Una visione gelida e sconcertante, che risuona come un monito esistenziale: cosa rimane dell’umano quando è l’autorità a controllare tutto compresa la possibilità di riprodursi, manipolando la quotidianità, entrando nel merito di definire il significato stesso del futuro?
Ma soprattutto non ci siamo già?
Forse la cosa migliore del futuro è che arriva solo un giorno alla volta.
Sono ottimista sul futuro del pessimismo.
01-Dec-2024 di Beatrice