Recensione di Beatrice On 10-Mar-2024

Nascere con un pene è come vivere al collare di un pazzo.

Ogni bambino ha un supereroe, il mio si chiamava Supersex e aveva il potere del sesso.

Rocco Siffredi, Parigi 2004, annuncia il suo ritiro e da qui parte la sua storia; origini, infanzia, adolescenza, Parigi, Los Angeles, successo: sette episodi.

Si possono abbattere le barriere tra la vita e il porno?

Non sai qual è il momento debito del superpotere e fino a quando non arriva vivi nel sogno.

Il voice off è il vero protagonista della storia, e la voce è di Rocco Tano poi Siffredi, chissà quanto fedele ai suoi pensieri o liberamente, molto liberamente inspirato ad essi.

Il fratello Tommaso, innamorato di Lucia, desiderata da tutto il paese d’origine: Ortona, Abruzzo.

Vivevano nelle case popolari insieme al fratello Claudio, morto giovane, il neutro padre , la madre Carmela: una mostruosità anaffettiva, dispotica, rozza, misogina: “le zoccole se magnano il cuore degli uomini e lo sputano”, “ devi stare lontano dalle femmene che portano altro male”.

Rocco, con la sua dinamite in corpo abbandona tutta quella rabbia, povertà, dolore, dalla quale era fuggito anche il fratello Tommaso, al matrimonio del quale nessuno dei familiari si era presentato.

L’incontro con Moana Pozzi, l’impresario Riccardo Schicchi, che esige il rispetto delle ragazze fuori dal set.

Intanto Rocco ha capito: “ciò che sta tra maschi e femmine è come un ponte che si alza ma non unisce”, il desiderio che ha in corpo vuole solo se stesso mentre la carne si sottomette alla carne e gode.

Tra il superpotere e la carne c’è anche l’animale Rocco, fa parte di una eccitazione senza confini…

Tra perbenismo cattolico piccolo borghese, volgarità, omofobia, omosessualità, aids, sogni, vita e morte, più Siffredi diventa tale più si rende conto del prezzo da pagare.

L’arrivo a Los Angeles nel 1990 con il fastidioso cugino impresario è grottesco e esilarante, Rocco non parla inglese e non lo comprende, d’altronde a cosa gli servirebbe!

“Io infilo, svuoto e me ne vado, io non parlo la vostra lingua, il mio c…. è internazionale”.

L’unica donna con cui si sofferma a parlare è Lucia, la moglie del fratello, prostituita a Pigalle per amore.

Colei che cerca di fargli comprendere la differenza tra quello che gli uomini sognano e quello che le donne sono.

La nausea che suscita il linguaggio e le immagini inutili e ridondanti è inevitabile e il suo rientro ad Ortona nel 1993 a causa della malattia della madre, ne sono la conferma; Rocco è sciupato e lei sa che la colpa è delle “femmene che vanno dento lu core”.

Dopo l’affermazione del prete, Siffredi replica che i corpi non risorgono, sanguinano, si trasformano ma non si salvano.

La ricerca indefessa dell’amore materno riguarda tutta la vita del pornodivo: la legge del contrappasso, la visione misogina della madre, l’ossessione e la dipendenza dal sesso del figlio.

Un continua conferma e un totale rifiuto portato avanti per tutta la vita.

Povero Rocco Tano, dal collare della madre a quella del porno.

Fissazione narcisistica, concupiscenza mentale: la sua più che cecità logica è una logica della cecità.

L’altro/altra sono la rappresentazione ideale del sé, la patologia è il risultato della non risposta materna e del suo giudizio, l’odio inconscio.

Senza quella madre Rocco Tano non sarebbe diventato Siffredi.

Il complesso edipico, il desiderio di congiunzione con lei e il suo possesso determinano il suo superpotere su tutte le donne e non solo.

Strizzare l’occhiolino al mercato ha accennato e allontanato da tutto questo: il film con tutta quella quantità di atti sessuali che non generano mai il rapporto sessuale ha fatto solo intuire che il pornodivo non può fermarsi ad amare: il materno lo ha mutilato nonostante il suo supersex.

E se la madre è l’oggetto del desiderio incestuoso del bambino ( Freud) qui regna l’incidenza che il desiderio della madre ha sul bambino ( Lacan).

Il segno e l’effetto delle aspettative materne lo plasmano, lo assoggettano, lo fabbricano determinando la sua perversione primaria.

Il feticismo del corpo proprio e altrui ne è la conseguenza.

Un potere cannibale si è impossessato di Rocco: il film si nutre della sua carne tra scene grottesche a tratti ridicole.

Le interpretazioni di Borghi e Trinca interessanti, altre caricaturali, il resto insopportabile.

Se “ogni bambino ha una ferita che è la sorgente del suo potere e del trauma che lo accompagnerà tutta la vita”…”ogni bambino ha in sé il potere di essere un uomo e questo potere sta tutto dentro gli occhi di un altro, devi scegliere solo dove guardare e imparare che la capacità di abbandonarsi a quello sguardo è l’unico vero superpotere”.

“TUTTO IL RESTO è PORNO”???

Tra satiriasi, priapismo, ossessione, dipendenza, schiavitù, l’idiozia del fallo regna sovrana: quanta gracilità dietro l’esibizione di potenza virile!

La scelta di Supersex è tra la schiavitù volontaria o la schiavitù del porno: quanta fragilità dietro quest’opera ambiziosa ma mediocre, con qualche precaria intuizione tuttavia volgare e popolare, ordinaria e banale.

Tutto il resto è NOIA.

10-Mar-2024 di Beatrice