Recensione di Beatrice On 23-Jun-2023
Abby discute con il marito che vuole vendere l’auto con la quale si reca al lavoro: Ricky vuole convincerla a comprare a rate un furgone con il quale iniziare a fare consegne.
Abby deve spostarsi continuamente durante la sua giornata lavorativa presso le abitazioni di anziani, disabili psichici e mentali, dei quali deve prendersi materialmente cura; ma dedicare a ciascuno circa due/tre ore al giorno le richiede un lavoro effettivo estenuante sia psicologicamente che fisicamente, oltre gli spostamenti, e il tempo che le rimane da dedicare alla famiglia è ridotto all’osso. Hanno due figli Ricky e Abby: Liza Jane una giovane e brillante ragazzina che assiste ai crescenti problemi della famiglia messa a dura prova anche dal comportamento del fratello adolescente Seb, che reagisce alla situazione creandosi un mondo tutto suo dal quale esclude quasi definitivamente la scuola.
Ma la discesa agli inferi del lavoro dettato dai tempi, dalla tecnologia e dal delirio di un mercato che ha perso il controllo è quello iniziato da Ricky il quale intraprende la “carriera” dello sfruttamento contemporaneo per “eccellenza”: quello del corriere a domicilio.
Il primo colloquio con il responsabile risulta immediatamente raggirante: “tu non lavorerai per noi Ricky ma CON noi” e questo evidentemente vorrà dire che sarà un lavoratore apparentemente autonomo nelle spese, ma completamente dipendente dalla scaletta delle consegne, dai tempi della consegna, da quello strumento infernale che lo perseguita e scandisce tutti i movimenti monitorando qualunque spostamento e scandendo e richiamando qualunque ritardo, dal controllo dei clienti, dall’impossibilità di avere altri impegni se non trovando un sostituto senza il quale pagare una onerosa multa.
L’operaio quando si presenta sul mercato, vende, come tutti, la sua merce che, nel suo caso, è la forza lavoro. Chi la compra la vuole tutta per sé, dimenticando che l’operaio ha bisogno di tempo, non solo per soddisfare i suoi bisogni fisici, ma soprattutto per la soddisfazione dei suoi bisogni intellettuali e sociali, la cui estensione e il suo numero sono determinati dallo stato generale della civiltà. Ma siccome per il capitalista il tempo del lavoro appartiene unicamente all’autovalorizzazione del capitale, il tempo per una educazione da esseri umani, per lo sviluppo intellettuale, per l’adempimento di funzioni sociali, per rapporti socievoli, per il libero gioco delle energie vitali e mentali, perfino il tempo festivo domenicale, per il capitale, nel suo smisurato e cieco impulso, nella sua voracità da lupo mannaro, queste esigenze sono puri e semplici fronzoli.
Ken Loach non esita a seguire in modo minuzioso le condizioni di vita di quel lavoratore contemporaneo che in assenza del cliente al quale consegnare il pacco, lascia il biglietto: “SORRY we missed you”, e per questo non verrà pagato.
Ken Loach non dimentica di fotografare una realtà che si reca radicalmente oltre l’alienazione lavorativa per la quale si lottava nel post dopo guerra. Nella condizione attuale questi lavoratori non hanno nessuno contro cui lottare, esercitare i propri diritti, rivendicare condizioni dignitose, aspirare a una vita che conservi anche il minimo dettaglio umano.
Il nucleo famigliare di Ricky e Abby, nonostante gli sforzi e le speranze, vive risucchiato in un vortice che non concede spazi emotivi, affettivi alla famiglia; il rientro a casa si limita alle poche ore per dormire.
La lunga catena di film necessari alla quale il percorso artistico di Loach e Laverty ci hanno educato si ripresenta in questo ultimo in tutta la più assoluta contemporaneità: quella del modello economico basato sul lavoro accessorio della gig economy; quello dei lavoratori autonomi o a chiamata dalle agenzie, con la conseguente precarietà dell’impiego e dei rischi che ne conseguono sulla vita professionale e privata.
Un film che rende inevitabilmente più difficile e meno indifferente al cliente la necessità di fare acquisti online: assistere a quella tecnologia così “sofisticata”, data in comodato d’uso al lavoratore, che detta i percorsi, consente al cliente di sapere esattamente dove si trova la spedizione che ha ordinato, il suo presunto orario di consegna che deve essere esatta se si è pagato un extra, mentre il cliente più o meno consapevolmente non è minimante informato dei ritmi ai quali sottopone il forzato della consegna.
L’apoteosi dello sfruttamento! Uno strumento che controlla un uomo nel disinteresse più totale delle più elementari esigenze fisiologiche…
Nella antica Grecia si sacrificavano gli animali per conquistare la benevolenza degli dei; oggi si sacrificano gli uomini per assecondare la follia del mercato che lusinga i clienti rendendoli a loro volta vittime e carnefici.
Ricky vive l’alienazione delle rate, dei rischi che corre ogni giorno di essere aggredito e dover pagare le spese, di perdere il posto di lavoro, di soddisfare le esigenze dettate da una tecnologia che non contempla imprevisti.
Abby lo sfruttamento di chi lavora 12/14 ore al giorno ma viene pagata solo per il tempo effettivo e programmato ossia 6/7 ore, al minimo della paga. Pur essendo una splendida moglie e madre incorre nella difficoltà di prendersi cura dei propri figli trovandosi costretta a dar loro istruzioni per telefono.
Lavora per un’agenzia e il lavoro degli assistenti domiciliari viene appaltato dai comuni ad agenzie esterne o a case di cura private che ottengono i contratti perché praticano prezzi più bassi.
Loach e Laverty non mancano di aprire squarci umanistici esplicitamente comici come ad esempio l’accesa discussione tra Ricky e un grassoccio cliente, unico episodio di rivalità calcistica che sembra metterli sullo stesso piano!
Abby si trova difronte alle foto di caffè collettivi di un’anziana durante lo sciopero dei minatori del 1984: lo sciopero, uno strumento escluso da qualunque fantasia dei nostri protagonisti!
Mercato, consumo, sfruttamento, precarietà, controllo.
Ken Loach si conferma il ritrattista più efficace del mondo operaio; in tutti questi anni ha lavorato, interpretato, raccontato, filmato il percorso della dissolvenza del lavoro.
La sua è stata la cronaca di una morte annunciata: quella dei perversi meccanismi del lavoro che prevede l’umano come un accessorio tecnico di una macchina/mercato inconoscibile, astratta e feroce che ha un’unica finalità irrazionale e quindi un esclusivo misero effetto: il profitto.
Infatti non ritrae il fallimento dell’economia di mercato, al quale non interessa la nostra qualità della vita, ma la logica evoluzione del mercato, conseguenza della concorrenza selvaggia a ridurre i costi e ottimizzare i profitti.
Quel denaro che aveva liberato i servi dai signori, oggi è il fine ultimo, generatore simbolico di tutti i valori: le persone sono considerate esclusivamente in quanto produttori e consumatori, annodati in un circolo vizioso estremo per cui se non si consuma non si produce e se non si produce crescono la disoccupazione e la povertà in generale. Siamo pertanto tutti “invitati” ad un consumo forzato, dettato dal bisogno indotto: e per questo il padre mercato ci “omaggia” della nostra consegna quotidiana.
Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene. Ora il capitalismo divora sé stesso.
23-Jun-2023 di Beatrice