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Solo Dio Perdona

Solo Dio Perdona

Nicolas Winding Refn

Drama • 2010 • 1h 30m

Recensito da Beatrice 20. August 2023

Julian è fuggito a Bangkok dove ha un grande centro sportivo di Thai Boxe, catena di montaggio di incontri e scommesse come copertura di un grosso traffico di droga. La madre, (una rappresentazione della Megera, erinni della mitologia classica), è a capo di una organizzazione mafiosa e torna dal primogenito Billy per rendergli giustizia. Il ragazzotto ha infatti stuprato e ucciso l’ennesima prostituta minorenne con il motto “vado a incontrare il diavolo”. Questa volta è stato giustiziato da un poliziotto con un personale e spiccato senso del bene e del male.

La signora pretende che Julian gli renda giustizia in quanto suo figlio “avrà avuto pure le sue ragioni per farlo”.

Julian è inadeguato a difendersi, a emanciparsi, a amare e la madre lo sa e glielo ripete brutalmente, sottolineando la sua invidia e il senso di inferiorità nei confronti del fratello.

Bangkok ha regole che vanno oltre la capacità di intendere e di volere.

Non c’è nulla da spiegare e poco da dire: i dialoghi sono essenziali come nei migliori film western.

Ma c’è tutto da vedere; un film asiatico fatto da un danese trapiantato in America che racconta speculativamente una tragedia familiare: una madre divorante, simbolo di qualcosa che impedisce di appropriarsi della propria esistenza; dispensatrice di ricchezza come la vita ma archetipo di valenze opposte perché la brama di potere e di soldi, si arroga il diritto di vita e di morte su chiunque, perché esige una fedeltà assoluta e non tollera che qualcuno la tradisca.

Per condurre una vita sana e innocente occorre distruggere la madre divorante che abita dentro di noi e questo Winding Refn lo racconta benissimo come faceva Tarantino con la Beatrix di Kill Bill.

Anche qui ci sono le spade e da buon Jodorowskiano anche la psicomagia e qualche eredità freudiana.

Il film, una magica istallazione d’arte contemporanea sui toni del rosso inferno/sangue, blu elettrico a tratti barocco ma soprattutto minimalista, non esita a calarsi nella tragedia di stampo greco, con ambientazione asiatica che va da Sion Sono a Kim Ki Duk, da Takeshi Miike a Park Chan Wook, da Takeshi Kitano a Tarantino.

Magistrali piani sequenza a rallenty in un film di vendetta a colpi di spada e mitra. Una fotografia ipnotica per un mondo dove l’inferno regna e “se solo Dio perdona” ormai è nietzschianamente morto.

Se l’uomo non sente, non vede e non ascolta più con la mente allora l’unica possibilità è infliggergli il dolore con il corpo che viene infilzato, assordato e accecato. Pena quest’ultima inflitta da Edipo a sé stesso che si trafisse gli occhi con la spilla della moglie-madre.

Narrazione frammentata dello stesso mito/complesso che non esita a recuperare Freud nel suo gioco di persecuzione, giustizia, vendetta che consentirà al figlio di liberarsi dal fardello della penetrazione materna.

La magia del cinema, emblema dell’arte contemporanea che si fa tragedia greca, mitologia, psicanalisi; si fa alienazione tra ricchezza e povertà; si fa estetica dell’orrore insanabile.

Un mondo incantato di tormento e estasi il cinema di Wending Refn; la follia della genialità, della ricerca, dell’abisso.

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