
Recensione di Beatrice On 27-Jun-2024
Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile: mi conoscevano gli altri, ciascuno a modo suo, secondo la realtà che m’avevano data.
Cordigliera delle Ande
Un gruppo di disabili sta raggiungendo la cima di una montagna sulla quale si erge la statua del Cristo.
Si scatena una tempesta di vento, hanno perso il loro accompagnatore e mentre Simon cerca di fare un selfie perde il cellulare.
Durante il ritorno, sul bus una ragazza ipoudente regala il suo apparecchio acustico a Simon che dal quel momento lo indosserà sempre.
Sono piuttosto scatenati questi ragazzi, giocano a nascondino, fanno teatro, piscina e Simon viene invitato dal suo amico a fargli da palo mentre si bacia nel bagno delle donne con una sua amica.
Vengono convocati dalla direzione e emerge che Simon è sprovvisto di certificato che attesta la sua disabilità, la madre anche viene invitata e apprende in quella sede il comportamento del figlio.
Cerca di capire i motivi, gli rivolge molte domande ma lui confessa di essersi sempre sentito così.
Il ragazzo non è disabile ma assume la gestualità, le espressioni del viso e le movenze come se lo fosse.
Il suo amico gli consiglia come ottenere il certificato e a chi rivolgersi fingendo di esserlo.
Possono così entrare al cinema gratis e Simon vuole provare anche gli psicofarmaci che assume il suo compagno di avventura.
Lavora con il nuovo compagno della madre, fa il traslocatore: non c’è un buon rapporto tra loro ma questo non riesce a spiegare il cambiamento radicale da parte del ragazzo.
Un giorno si impossessa del furgone e porta il gruppo di disabili in gita, dove accade un incidente.
La madre lo ama incondizionatamente ma lui è attratto dalla condizione di disabilità e di alterazione, pur sembrando molto vigile e consapevole.
Il nuovo contesto nel quale ambisce entrare sembra accoglierlo senza pregiudizi nonostante il diverso sia lui NON diversamente abile.
Si sente integrato in una comunità alternativa forse perché non si riconosce nella sua vita e nella sua condizione di “normalità”.
Simon sta probabilmente provocando, sta cercando la sua identità indefinita, sta sperimentando un altro modo di essere, sta esplorando.
Ci sottopone alla sua resistenza, non vuole adattarsi, incarna un nuova possibilità e solleva una molteplicità di domande che puntano il dito sui pregiudizi.
Perché un ragazzo vuole essere diversamente abile, perché si ostina ad abitare questa scelta, perché è attratto da una ragazza affetta da sindrome di down che lui trova divertente e estremamente intelligente?
Lei lo minaccia dicendogli: “se non fai l’amore con me dico agli altri che non sei disabile”. Questo film sovverte i canoni della abilità/disabilità.
Cos’è la diversità? Quali sono i pregiudizi che accompagnano la nostra cultura in merito a questa ricerca?
Qui, diversamente dagli Idioti di Lars von Trier che si fingono tali per raggirare le persone, l’impatto è ancora più pedagogicamente radicale:
Simon non sente suo il suo mondo e l’estrema reazione finale, violenta e fomentata dall’idiozia del patrigno, lasciano intendere il tormento che può riguardare chi non si sente compreso, non si sente accettato, se non nei canoni prestabiliti dallo schematismo elementare, basico, ottuso sebbene rassicurante e reazionario.
Un film che offre uno sguardo attento al dilemma dell’identità raccontando una sofferenza, una resistenza, una rivolta che potrebbe essere temporanea se fosse accolta con indulgenza ma che potrebbe diventare il sintomo permanente di un volto che non accetta un’unica espressione per raccontarsi, una unica possibilità per esprimersi, un unico modo per essere.
Da come gli altri si comportano con noi non dobbiamo desumere e apprendere chi siamo noi, bensì chi sono loro.
27-Jun-2024 di Beatrice