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PERSONAL SHOPPER

Personal Shopper

Olivier Assayas

Drama • 2016 • 1h 45m

Recensito da Beatrice 23. June 2023

Maureen ha 27 anni, è americana e vive a Parigi, dove fa la personal shopper.

Le è morto il fratello gemello Lewis a causa di una malformazione congenita al cuore da cui anche lei è affetta.

Vuole mettersi in contatto con lui e frequenta un’ abitazione per incontrarlo e ricevere qualche segnale.

Nel frattempo svolge il suo lavoro di consulente di moda con un look da speedy pizza boy, a cavallo di un motorino; si reca nei migliori negozi di luxury brand; ha a disposizione budget stratosferici per la sua datrice di lavoro, una certa Kyra, che non si vede mai se non in foto o sui social network. La sua paga non corrisponde affatto al budget e non riceve particolari gratificazioni né personali né economiche per la sua attività.

Tra Laboutin, Chanel e Cartier, spiritismi, sedute e presenze, si sposta a Londra per fare acquisti, incontra saltuariamente su skype uno pseudo partner mentre cerca sempre segnali dal fratello.

Un anonimo/stalker la contatta via whatsapp e le offre una grande chance: rierotizzare un corpo diserotizzato, sfiorando la dimensione della paura per il proibito ma anche un omicidio piomba nella sua vita professionale e questo ancora la confonde, Maureen è destinata a fare i conti con la morte.

Questa è la storia del film ma il film è tutta un’altra storia….

Facile intuirlo sin dall’inizio.

Chi è effettivamente Maureen e cosa cerca.

Di quali presenze si parla, e in quale dimensione si aggira.

Assayas si diverte prendendosi gioco del pubblico; come il folle nietzschiano della Gaia Scienza che annuncia la morte di Dio: cosa vuole raccontare allo spettatore incredulo e ingenuo, cosa vuole anticipare all’ebete di turno ipnotizzato dai fantasmi, dalle paure e dalle proprie ombre?

Ride Assayas riempendo di stupidaggini e credenze metafisiche, fatte di aldilà, di aldiquà, di vivi morti e di morti vivi.

Tutti sono in balia di una vita che confonde: i ricchi di superfluo e vanità e i poveri di sopravvivenza e alienazione.

La ricchezza è così misera da non avere tempo per avere tempo e la povertà è così povera da non avere tempo per essere.

Fantasmi, fratelli, social network, omicidi, vortici esistenziali per astanti che vedranno quello che potranno.

Una fast life vuota e fake si prende gioco di una platea così intrisa di finzione da non comprendere dove inizia la vita e dove finisce la vita.

Un soggetto imbambolato in una bolla di suggestioni da diventare esso stesso il protagonista di un film che alla fine deve (?) svelargli il codice per comprendere in quale trappola si è cacciato.

Ma lo capirà?

Assayas da Grande Inquisitore, imbastisce un gioco impeccabile, sadico, mostruosamente ingegnoso nel quale non esiste alcun soggetto ma solo oggetti del suo sguardo attonito e disincantato, imbarazzato e divertito; una presenza sarcastica, la sua che incombe sul film con una risata satanica.

Un incantesimo che incanta gli incantati; ma chi vede come lui, decripta sin dall’inizio.

Come un quadro astratto che vuole confondere la visione estremamente figurativa del concetto, tutto è banalmente sotto gli occhi di chi possiede la corretta regolazione di luce idonea a vedere.

Ma perché rivelare alla fine l’arcano progetto?

Un finale che cede alla stucchevole filantropia, un gesto di tenerezza e di pietà per un umano troppo umano, schiavo alienato, misero, consumato, spezzato da un mondo fuori misura.

Ma perché questa misericordia? Perché questo gesto di compassione?

Chi non ha compreso non lo farà

Chi ha compreso non si sorprenderà

Chi capirà solo alla fine si sentirà abbastanza offeso, si spera, da un insulto sputato in pieno volto da un’opera d’arte così spietata e così vera…

Una deportazione in un campo di presenze inautentiche, una filantropia dell’ultimo istante che rivela forse la più accanita e disperata misantropia.

Ma chissà solo dietro al disprezzo si nasconde il vero amore e questo film è comunque un grande gesto d’amore.

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