
Recensione di Ema On 16-Sep-2023
Scorrendo il profilo Instagram di Simone Bozzelli si notano svariate foto tratte dal film “Martha” di R.W. Fassbinder. “Martha” è il manifesto su celluloide dei rapporti di coppia visti come un gioco di potere, dove la parte attiva manipola quella più fragile.”Patagonia” fa sua la lezione di tanto cinema fassbinderiano e la rielabora in maniera personale.
Yuri è un ventenne abbruzzese che vive in un piccolo paese con le zie che lo trattano come fosse ancora un infante. Ad una festa per bambini conosce Agostino, un animatore apparentemente libero da ogni costrizione sociale. Tra i due inizierà una relazione dove Ago prometterà a Yuri un’indipendenza che invece si rivelerà un gioco sadico di sottomissione e manipolazione.
L’idea del viaggio verso la Patagonia si traformerà quasi da subito in un incubo dove la libertà è un’utopia, anche Agostino infatti è schiavo del suo narcisismo e del bisogno di assoggettare il più debole.
“Patagonia” è un road movie che si muove feroce tra rave clandestini, scene di pissing, esplosioni di tensioni erotiche che non deflagrano mai in veri atti sessuali (nel film non c’è nemmeno un bacio), dove tutto è pervaso da un’ambiguità psicologica che colpisce.
A differenza di Fassbinder, Bozzelli azzera la componente marxista del cinema del tedesco, dove il più abbiente sottomette il povero, “Patagonia” è più psicologico, ogni sequenza contiene metafore più o meno esplicite e dialoghi sulla sopraffazione tra due esseri umani. Yuri alla festa dei bambini viene trattato da Ago come fosse uno di loro, il film inizia con il protagonista dietro la rete di una gabbia per cani, un serpente ad un certo punto divora un topo, Agostino è sempre pronto a sminuire esteticamente Yuri, il film finisce dentro lo scheletro di un van che sembra di nuovo una gabbia, dove al suo interno ci sono i protagonisti avvinghiati in un abbraccio che contiene tutta la potenza di una relazione tossica.
Yuri crede di poter costruire la sua identità tramite Agostino, quest’ultimo glielo lascia credere ma in realtà i due si trovano imprigionati nell’utopia e nel cinismo che contraddistinguono la nostra società, i personaggi per quanto outsider non riescono ad attuare nessuna trasformazione nè personale nè sociale, non riflettono nè lavorano sulla loro identità così da imporsi e provare a cambiare la collettività. Il piccolo microcosmo che si sono costruiti è uno stoico atto masochistico. Bisogna partire da se stessi per autodeterminarsi e non sperare di riuscire a farlo tramite gli altri.
Agostino e Yuri si muovono nel mondo come fossero creature galleggianti, solo apparentemente vitali, in verità sono privi di punti fermi, e scoraggiati dalla loro inadeguatezza riempiono il vuoto interiore con il miraggio della libertà.
Girato in pellicola “Patagonia” ricorda il primo Matteo Garrone, soprattutto quello di “Primo amore”, altra grandiosa e spaventosa storia di assoggettamento sentimentale.
La macchina da presa è costantemente interessata a registrare gli avvicinamenti e gli allontanamenti tra i personaggi, è un occhio sovraccarico che si inchioda sui volti degli attori registrandone ogni espressione.
Un’opera prima non priva di problemi, ma rabbiosa nell’utilizzare due attori acerbi che hanno ritmi interpretativi quasi sgrammaticati, funzionali però a rendere la tensione e l’imbarazzo che si crea tra loro, uno incredibilmente plasmabile e puro al limite del patologico, l’altro mostruosamente subdolo e bisognoso di affermarsi tramite il voler modificare il partner.
16-Sep-2023 di Ema