
Recensione di Beatrice On 26-Jan-2025
L’errore più grande che possiamo fare nell’educazione dei figli è credere che il nostro esempio sia sufficiente.
Da quando è rimasto vedovo, Pierre ha vissuto in perfetto equilibrio con i suoi due ragazzi: Fus, ventunenne atletico e solare, e Louis, diciannovenne più riservato e riflessivo. La loro routine familiare è sempre stata segnata da affetto, complicità e una comune passione per il calcio. Tuttavia, l’armonia viene spezzata quando emergono i primi segnali della trasformazione di Fus, la cui adesione a un ambiente radicale inizia a scuotere le certezze del padre e del fratello.
Il tema di fondo, ovvero il senso di smarrimento di una generazione che “gioca con il fuoco”, che si sente trascurata dalla politica e finisce per abbracciare posizioni populiste, viene rielaborato con un approccio più intimo e coinvolgente: come si affronta la scoperta che una persona amata – un figlio, un fratello – ha imboccato un sentiero che consideriamo inaccettabile?
Affrontando con un taglio personale una tematica delicata – l’influenza esercitata dagli ambienti ultrà e l’assorbimento di ideologie estremiste – le due registe francesi, adattando il romanzo di Laurent Petitmangin Quello che serve di notte, dimostrando attenzione nel trasporre il nucleo problematico della storia ossia l’influenza esercitata dagli ambienti ultrà e l’assorbimento di ideologie estremiste: lo fanno mettendo sotto la lente di ingrandimento un ambiente esclusivamente maschile, sia in ambito familiare che socio/politico.
La sceneggiatura delle sorelle Coulin, asciutta ed essenziale, tratteggia con estrema precisione le dinamiche emotive che si sviluppano tra Pierre e i suoi figli. Il realismo ritratto, restituisce con grande cura il vissuto quotidiano della famiglia, mettendo in scena un racconto che esplora il contrasto tra affetto, delusione e incomprensione. La pellicola scava a fondo nei sentimenti contrastanti che attraversano i protagonisti, tra lealtà e crescente disillusione, offrendo un ritratto umano credibile. L’eccellente interpretazione degli attori riesce a rendere con intensità tutte le sfumature di questo dramma intimo, valorizzato da una regia essenziale ma efficace, che conferisce ulteriore profondità a un’opera di grande impatto emotivo. Il padre è immerso in un turbamento profondo, un conflitto interiore lacerante tra l’amore incondizionato per il figlio e la repulsione per le sue scelte. Ogni principio trasmesso, ogni gesto di rettitudine con cui ha cercato di essere un esempio sembra essersi dissolto nel nulla, sostituito da convinzioni che gli risultano estranee, persino minacciose. È come se il figlio avesse tradito non solo i valori paterni, ma anche l’essenza stessa della loro relazione, scegliendo volontariamente un sentiero che contraddice tutto ciò che il padre ha sempre creduto giusto. Di fronte a questo strappo doloroso, non riesce a comprendere se la colpa sia sua – se abbia sbagliato qualcosa, se abbia mancato nel proteggere il ragazzo da certe influenze – o se invece sia semplicemente impossibile guidare davvero chi si ama verso il bene. La distanza tra loro non è solo ideologica, è emotiva, è il vuoto incolmabile lasciato dall’incomprensione e dal senso di impotenza.
Un tema consueto alla cinematografia, godibile, facile, tuttavia importante soprattutto in un periodo storico segnato da tensioni ideologiche: il film riesce a raccontare con autenticità il disagio e la fragilità delle relazioni affettive di fronte a scelte difficili e dolorose.
Quando l’odio diventa legge, la resistenza diventa un dovere.
26-Jan-2025 di Beatrice