Recensione di Beatrice On 05-Apr-2024
Una maschera da scimmia copre il volto di Kid, un giovane che sopravvive facendosi picchiare sul ring.
Il capo si chiama Tiger e gestisce un circuito di scommesse clandestine.
In una città corrotta dai potenti che vivono di speculazione edilizia con la connivenza del santone del momento, il popolo è massa inerme soggiogata dal populismo economico e religioso.
Kid cerca di entrare nel giro di malavita per vendicarsi della morte della madre, uccisa per non aver ceduto i documenti della casa.
Accompagnato da una colonna sonora, vera protagonista del film, l’azione, l’intrattenimento, la perizia tecnica, l’ironia, l’eccesso, l’equilibrio barocco e grottesco delle dinamiche narrative travolgono lo spettatore attraverso l’ironia e il sarcasmo delle immagini e dei dialoghi.
Kid si costruisce una maschera da supereroe invincibile assetato di rivincita dopo anni di umiliazioni e lacerazioni: entra pertanto come lavapiatti in un locale frequentato dall’elite indiana, corrotta fino al midollo, spregiudicata, perversa e psicotica.
La vendetta però è un sentimento supportato dai gruppi sociali più svantaggiati come la casta degli Hijra che si uniscono al nostro Monkey Man, un alter ego della divinità Hanuman, esempio di virtù quali lealtà, forza e saggezza.
Le esagerazioni in stile bollywoodiano sono ben calibrate dallo sguardo tenace languido e inarrestabile del protagonista che fa della finalità delle sue azioni la giustificazione di qualunque mezzo: laddove la psicopatologia si sposa con la vendetta “giusta” piuttosto che con il crimine demagogico del male.
Un film di azione estrema che non manca di talento tecnico nel diffondere un messaggio di carattere socio/politico/economico.
Un film non fine a se stesso, travolgente nelle tematiche e nelle espressioni, divertente e ludico, trascinante e goliardico.
Il caos regna sovrano nella sopraffazione delle musiche, delle immagini, delle ambientazioni, delle colluttazioni, conferendogli la caratteristica dell’intrattenimento estremo.
Kid è un uomo come tanti altri, allenato a ricevere colpi da tutte le parti: la metafora di una vita vissuta ai margini, subendo ingiustizie e prevaricazioni che non gli impediscono di perdere la motivazione, la consapevolezza, la dignità, la rivendicazione dei propri diritti sebbene in modalità di estrema violenza.
La vendetta viene servita sul piatto della corruzione ontologica.
La prevaricazione metabolizzata partorisce mostruosità: la vendetta si esalta alla massima potenza e partorisce distruzione.
Un film di grande azione, sofisticato a modo suo, prevarica lo sguardo dello spettatore travolgendolo nella esecuzione: c’è un’etica in tutto questo fluire grottesco di sangue e carne laddove la violenza metafisica è quella della demagogia prevaricatrice che regna su una umanità che vive oppresso ai margini del mondo di cui non detiene neanche la minima conoscenza.
Il potere asfittico e acefalo soffoca qualunque marginalità inglobandola in un sistema atrofico e prevaricante.
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La propria impotenza è pericolosa quanto l’altrui prepotenza
05-Apr-2024 di Beatrice