MONGREL

Chiang Wei Liang, You Qiao Yin

2h 8m  •  2024

mongrel_movie_avatar

Recensione di Beatrice On 27-Jun-2024

La scena di apertura con il primo piano su una parte del corpo da detergere di un disabile, colpisce immediatamente l’attenzione e registra istantaneamente lo sguardo sul tema ostico e cruento del film.

La storia segue Oom, un uomo tailandese senza documenti, che lavora come badante per una donna anziana Mei, con gravi problemi di salute e suo figlio disabile, Hui con paralisi celebrale: è un uomo che si prende cura dei propri assistiti in modo scrupoloso, è estremamente dedico alla cura e alla delicatezza nella gestione dei corpi altrui.

Un giorno la madre di Hiu gli chiede di aiutare il figlio a morire ma il badante tailandese non accoglie l’invito, non è pronto a compiere un tale atto, non sa come replicare a questa disperata richiesta.

Taiwan, zona montuosa: Hsing, il capo di Oom, gestisce la vita dei rifugiati provenienti dalle Filippine, dall’Indonesia, dal Vietnam ai quali vengono ritirati documenti e contanti per assicurarsi che non creeranno problemi e accetteranno qualunque condizione di lavoro e di pagamento.

Vivono in un baraccone enorme, un dormitorio e lamentano di non ricevere la paga da molto tempo, d’altronde il capo deve risolvere la sua situazione di forte indebitamento, mentre Oom cerca di gestire questa situazione credendo che Hsing prima o poi li pagherà come promette.

Anche il gangster del luogo, Fratello Te da ordini superiori ai quali non si può trasgredire.

Il tutto si svolge in ambienti poveri, angusti, claustrofobici, con poca luce, umidi e senza orizzonte: lo stato d’animo dei lavoratori sanitari rispecchia questa condizione e quella degli assistiti.

Implacabile, crudele, feroce è l’atteggiamento di Hsing anche nei confronti di Oom, che considera il suo uomo di fiducia: quando costui prendere l’iniziativa autonoma di salvare la vita di un assistito, reagirà con una violenza estrema.

Tra i corpi di cui prendersi cura ci sono anche quelli da occultare e quelli da asservire allo sfruttamento e alla sopraffazione.

Solo Oom mantiene sempre la sua umanità, il suo talento alla premura e alla cura delle sofferenze altrui, anche quando è costretto ad agire contro la sua volontà: lava i suoi assistiti, gli cucina la cena, forma e supervisiona i suoi colleghi anche quando agiscono più o meno opportunamente procurando il piacere a corpi esposti alla sofferenza.

Alcune scene del film ritraggono situazioni al limite della crudezza più realistica e aspra, soffocante e opprimente, realizzando pienamente il progetto e il significato che la pellicola vuole programmaticamente rappresentare.

Le nenie, i lamenti le musiche, i rumori il disturbo sonoro confermano questa linea narrativa dolorosa e angusta mai tuttavia patetica e commovente.

Tutto è essenziale, sia nelle espressioni che nella gestualità, sia nelle parole che nelle movenze: nessuna vita qui ha un valore, la neutralità regna e l’etica sarebbe patetica.

Solo la scelta finale e definitiva di Oom, sulla vita sua e altrui, lo ritrae con una identità costruita, elaborata, conquistata, rinnovata rispetto alla richiesta iniziale rifiutata e ora compiuta.

Forse è lui il bastardo del titolo che si rivede nel quadrupede senza una zampa, quando i titoli di coda si avvicinano alla fine della storia: qualcosa di ambiguo rimane, nel suo personaggio, nel suo cambiamento che diviene inevitabile trasformazione esistenziale.

Il regista di Singapore Chiang Wei Liang si è sempre occupato di migrazione dei lavoratori del sud-est asiatico e insieme a You Qiao Yin ha continuato il suo percorso narrativo sorprendente e estremamente convincente sia dal punto di vista artistico che contenutistico: l’uso del silenzio e delle lunghe inquadrature voyeuristiche, costringono l’attenzione e lo sguardo sull’ineffabile, indicibile, irrappresentabile e per questo inevitabile. E’ richiesta una concentrazione totale, non sono consentite sottrazioni, né tantomeno distrazioni.

E’ tutto così forte, invadente, implacabile da non giustificare la possibilità di distogliere l’attenzione né di consentire meccanismi di rimozione.

Questo film è un esame che sottopone i corpi altrui alla sofferenza e il nostro corpo alla resistenza difronte alla insignificanza e alla insensatezza.

La rappresentazione del nichilismo esistenziale più estremo; del significato del dolore e della menzogna mentre il rantolo della morte accompagna l’abbraccio di chi ti ha dato la vita, tradita disconfermando se stessa: quella morte che è il semplice disfacimento del corpo, e quella vita priva di qualunque dignità, purificabile solo attraverso la sua conclusione liberatoria.

27-Jun-2024 di Beatrice