
Recensione di Beatrice On 16-Apr-2024
Fon Shu è uscito di prigione.
Sopravvive fornendo servizi su una spiaggia.
Spesso perde il controllo.
La madre alcolista lo chiama perché ha bisogno di soldi; l’amico Maozi vorrebbe tornasse a lavorare nel crimine insieme al boss, ma lui cerca di resistere.
La ricerca di un lavoro stabile è ostacolata dalla richiesta del certificato di buona condotta.
L’ex fidanzata che svolge un lavoro indecifrabile, lo allontana con determinazione, solo l’amica Seven che ha perso i genitori in un incidente stradale lo ascolta e trascorre del tempo con lui.
Fon-Shu detto anche Sweet Potato ha preso tre anni per aver sparato.
Un fatto di cronaca ha ispirato l’esordiente regista, tuttavia famoso attore a Taiwan: un adolescente di Taipei di 18 anni ha estratto una pistola in pubblico e si è messo a sparare. Non aveva precedenti e la sua famiglia era in regola.
L’evento lo ha spinto ad interrogarsi su cosa possa accadere nella testa delle persone.
Anche Sweet Potato era felice quando studiava nella città natale tuttavia qualcosa è successo nella sua vita che deve averlo portato a sparare.
Per il regista la frustrazione è sicuramente un elemento scatenante e tanti adolescenti vivono questa condizione provocata dalla famiglia, dalla società dalla scuola, dagli amici, dai sentimenti.
Sweet Potato ha tuttavia una forte determinazione, vuole riscattarsi ma il suo destino sembra prevaricante e il suo temperamento commisto al senso di libertà lo porterà a commettere qualcosa di irreversibile.
La scena finale è aperta, poetica, disperata e liberatoria.
Love is a gun è anche la colonna sonora di un percorso di redenzione implausibile, di un film criptico, enigmatico, frammentato, scomposto.
Il destino mescola le carte e noi giochiamo.
16-Apr-2024 di Beatrice