
Recensione di Beatrice On 16-Jun-2024
Si cresce influenzate dallo sguardo degli altri ma è osservando che costruiamo noi stesse.
Chi parla è una madre.
La figlia Laura ha 16 anni ed è tempo di lasciarla andare ma prima vuole raccontarle la sua vita.
Era una bambina molto riservata, amava stare da sola a scrivere e leggere.
Quando durante il weekend doveva andare dal padre piangeva.
Era molto magra, mangiava pochissimo e vomitava.
Aveva bisogno di sentirsi benvoluta pertanto incarnava la forma della bambina obbediente e carina ma c’era sempre una ribelle in lei.
La realtà era qualcosa in cui entrava ogni tanto solo perché ne aveva bisogno: dopo la scuola cambiava continuamente luogo dove vivere e aveva relazioni che duravano pochissimo, c’era sempre qualcosa che non andava.
Aspettava comunque un uomo che venisse a salvarla per guarirla dal malessere e dalla sua incapacità di stare da qualche parte.
Dopo la laurea incontra un ragazzo con il quale ha una figlia alla quale si rivolge in questo cortometraggio.
Anni idilliaci dopo la nascita della bambina, di illusione e sospensione: si amavano e stavano bene insieme.
In seguito al trasferimento a Parigi, il padre di Laura non si trova bene e la loro relazione si interrompe.
Essere madri non è facile, osserva, si passa in secondo piano; gli uomini possono permettersi di lavorare, uscire, essere proiettati all’esterno mentre la vita di una madre è prima di tutto attraverso i figli.
Un giorno su un treno un attacco di ansia, una situazione difficilissima, panico.
Due anni di psicoterapia e di timore per la figlia che doveva comunque tutelare: un percorso lunghissimo durante il quale la specialista le rivela di essere stata abusata dal padre da bambina.
Due anni di ipnosi per recuperare tutto quello che aveva cancellato ma che continuava a tormentare il suo vissuto.
Il disturbo post traumatico da stress tornava ad ondate.
Agopuntura, fisioterapia, psicoterapia: la mamma di Laura era una donna in cantiere, i ricordi , le immagini di quello che aveva subito da parte del padre erano devastanti.
Comprende che deve comunque salvarsi da sola e inizia a studiare il mito di cenerentola e vedere come se ne esce.
L’arte ritiene sia stato il più importante strumento di emancipazione insieme al femminismo e all’incontro con le donne.
La nonna quando era bambina le aveva regalato una videocamera e dal quel giorno era diventata l’arnese del quale servirsi per vivere e lavorare.
Racconta che quello del padre non è stata l’unica violenza subita, ci sono state aggressioni fisiche e verbali, sia in strada, che in metro che al lavoro.
Da tutto ciò, comprese molestie e insulti di genere vuole proteggere la figlia e tutte le figlie del mondo, ma sa bene che non potrà farlo se non comunicare il suo disagio e raccontare che quello che l’ha salvata non è stata la ragazza carina che era, neppure quella che cercava rifugio in un uomo, ma la ribelle che è sempre stata presente dentro di lei.
La vita è una lotta e bisogna combattere.
Immagini di archivio, manifestazioni, dibattiti, Me Too, confronti, dialoghi, percorsi culturali e storici. Esplora le sfide e le lotte quotidiane delle donne attraverso la lente di una madre che scrive una toccante lettera alla propria figlia attraverso un percorso tanto personale quanto universale con esperienze di sofferenza, resistenza e speranza.
La Staderoli non si limita a mostrare le difficoltà affrontate dalle donne, ma celebra anche la loro capacità di unirsi e sostenersi a vicenda.
Conclude affermando di essere arrabbiata per quello che ha subito e lo sarà sempre per tutto quello che vivono le donne tutti i giorni.
L’invito è di essere LIBERA e RIBELLE.
L’appello di una donna a tutte le donne, figlie, madri, sorelle, amiche: un’opera potente e traumatica, un atto d’amore e di ribellione.
16-Jun-2024 di Beatrice