LAS MEJORES FAMILIAS

Javier Fuente Leon

1h 35m  •  2020

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Recensione di Beatrice On 20-Aug-2023

Perché lavorare se posso farlo per te?

Così recita un tabellone dove una donna in costume è comodamente sdraiata sulla conchiglia della nascita di Venere.

Il messaggio pubblicitario si staglia su un poverissimo periferico quartiere di Lima dove vive la servitù.

E sebbene Dio sabe mi destino, la corsa al lavoro, passando da un bus all’altro si fa ogni giorno frenetica.

Luzmilla e Peta sono due sorelle che svolgono parallelamente le stesse mansioni in due ville confinanti dove le proprietarie “aristocratiche”, Alicia e Carmen, passano le giornate al telefono predisponendo intrighi familiari.

Colazioni al letto, massaggi, insegnanti di memoria.

Il classismo e il pregiudizio si respira ovunque, anche tra parenti delle stesse famiglie riunite per il compleanno di Alicia che attende il rientro dalla Spagna del figlio gay, attualmente fidanzato con Merche, una deliziosa ragazza che fa l’attrice.

Proprio costei è l’incarnazione del segreto tenuto nascosto dalle per lunghi anni, decenni, dalle rispettive famiglie confinanti.

Trovate quali le doppie inquadrature tra le ville, finalizzate alla rappresentazione del parallelismo stucchevole dei comportamenti delle amiche, la presenza di una “casa delle bambole” in giardino come luogo di conservazione e testimonianza di non detti polverosamente nascosti, sono sicuramente gli aspetti più originali percorsi da questa commedia tragi-comica con continui guizzi ironici.

La struttura matriarcale della storia, la pressoché ininfluente presenza della figura maschile se non in dinamica omosessuale, costituisce l’altra trovata della sceneggiatura.

Come in Nuevo Orden, film messicano presentato a Venezia 77, anche qui, fuori dalle lussuose ville, la realtà del popolo scatena una protesta con lancio di lacrimogeni anche nelle blindate proprietà, sebbene i signori sostengano che “protestare per qualunque cosa non è utile a comprendere che per andare avanti occorre lavorare anche la domenica”.

Come ne La zona di Rodrigo Plà, dove i borghesi di Città del Messico, sono protetti nei loro giardinetti con villa e pronti a mentire ed uccidere pur di salvaguardare il loro benessere, anche nelle migliori famiglie di Lima si ripete la stessa sceneggiatura, quella di un Sudamerica che ritrae il divario economico prodotto dal sistema capitalistico.

E nello spaccato cinematografico si evidenziano le ipocrisie, i perbenismi delle famiglie che comandano mentre sullo sfondo i “ribelli da arrestare” marciano nei quartieri benestanti.

Javier Fuentes Leon sostiene che il film è lo specchio della realtà e non si fa nessuna fatica a crederlo: la ricolonizzazione che avviene nelle metropoli è lo status quo prodotto dal capitalismo e rappresentarla in forma di telenovela sarcastica è evidentemente efficace: tutti vorrebbero suonare il campanello della servitù, anche la figlia della serva e del padrone e anche laddove l’autocoscienza hegeliana del servo che diviene padrone del padrone non riesce a trasformare la realtà del padrone che diviene servo del servo.

L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che entra realmente in possesso della collettività dei paesi moderni è il debito pubblico

Ipocrisia, classismo, amoralità, alienazione, infelicità, ignoranza sono gli ingredienti di una divertente e amara commedia in salsa lgbt.

L’incipit si ripete esattamente nell’ex-post: non c’è spazio e tanto meno luogo per alcun cambiamento; la rivoluzione è fuori fuoco, periferica e marginale. Nulla può scalfire il nulla se la strategia economica è un circolo vizioso chiuso.

Il divenire è all’insegna del motto gattopardiano: Tutto cambia perché nulla cambi”

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20-Aug-2023 di Beatrice