
Recensione di Beatrice On 20-Aug-2023
Se ci si fermasse ad ascoltare il lavoro delle radici, chi riuscirebbe a dormire?
Rumore, respiro, il bianco della tempesta incombe e una mandria di cavalli cambia percorso e vira a sinistra, qualcosa deve averli spaventati.
Campagna islandese, periodo di natale, si sente la radio.
Capitolo 1
Un gatto, un cane, Maria e Ingvar si dedicano all’allevamento delle pecore.
Lei infila le esili braccia nel ventre degli animali per farli partorire.
Parlano poco ma si soffermano a riflettere sui viaggi nel tempo mentre Ingvar preferisce stare nell’hic et nunc.
Marchiano le pecore numerandole e l’attività sembra migliorare ogni anno che passa.
Qualcosa di sinistro accade durante un parto: nasce un piccolo essere con il capo e la zampa destra di pecora e il resto di bambina.
Iniziano a prendersene cura come se fosse loro figlia e la chiamano Ada, la vestono e la educano da umana.
Capitolo 2
Un giorno Ada scompare ma la ritrovano.
Quando arriva Petur, il fratello di Ingvar, l’equilibrio inizia a vacillare, Maria ha commesso qualcosa di terribile e Petur l’ha vista.
Tutto prosegue come in una “felice” famigliola mentre Petur manifesta le sue perplessità.
Ballano, ridono, scherzano, bevono, mentre Ada esce e va dal cane che poi scompare.
Ada si addormenta sul ventre di Igvar e Maria riaccompagna lo zio Petur al bus dicendogli che Ada è un dono, un nuovo inizio.
Il trattore non parte, il cane è morto, Maria torna a casa e non trova nessuno…
Il finale tuona e risuona con
“Lascia che io pianga
Mia cruda sorte
E che sospiri la libertà…”
di Handel, già colonna sonora dell’Antichrist Di Lars von Trier.
In natura non ci sono né ricompense né punizioni: ci sono conseguenze.
Anche qui una terra lontana, una sorta di Colchide mitologica dove ogni cosa può accadere; nessun contatto se non con la natura impervia e crudele, dove Eros e Thanatos hanno sempre la meglio.
Il dio Pan veniva rappresentato sempre con le corna e la barba di un montone, simbolo legato alla terra, alla fertilità dei campi, alla luna e alle forze della grande Madre.
L’Islanda con le sue colonizzazioni è narrata attraverso saghe e leggende oscure e violente, popolate da spiriti e malefici.
Un’isola rimasta a lungo solitaria, sottoposta intorno al 900 a.c. dai norvegesi all’unificazione con la loro terr; vide l’esilio di tutti coloro che si erano opposti, i quali cercarono rifugio nella misteriosa Isola del Ghiaccio, un mondo del tutto nuovo, con una natura incontaminata nella quale nacquero numerose leggende e si coltivarono innumerevoli magie per garantire la protezione, la fortuna e la prosperità. Un luogo costretto al cristianesimo che conservò la devozione a Odino e Thor nella dimensione privata, dove regnavano faide familiari, incontri con elfi, giganti e spiriti.
Johansson ci riporta in questo mondo, attraverso un storia asciutta ma feconda, di poche parole ma eloquente dove il rapporto con la natura è sempre profondamente misterioso.
Dopo il bambino taurino di Antichrist, il neonato metallico di Titane, la bimba/bambola di Annette e l’umanoide troll di Border arriva Ada di Lamb metà bambina con testa e braccio destro di agnello.
Un tenero essere partorito da una pecora e ad essa strappato, addobbato come un bambino, vestito di celeste, con i pantaloni, chiamato Ada, come la figlia morta di Maria e Ingvar. Un sequestro, una appropriazione indebita, una violazione, un abuso, un misfatto.
Un film violento, una rappresentazione magica, misteriosa.
Un film che apre una ferita dolorante, tragica e crudele.
Una regia che lacera il silenzio sulla natura, ipnotizzando lo sguardo di chi osserva l’irreparabile.
Alla natura si comanda solo ubbidendole
20-Aug-2023 di Beatrice