La vera domanda è: quando diventerò abbastanza adulto da smettere di far finta di essere un adulto?
(Dave Barry)
Una storia vibrante e profonda sul senso della crescita, dell’autonomia e della vulnerabilità. Irene e Omar incarnano il contrasto tra un’idea di normalità socialmente consolidata e l’impulso di superare il destino inscritto nei legami familiari. Il ritorno di Irene a Rimini è il segno di un viaggio a ritroso, una regressione alla culla della propria identità, nel tentativo di confrontarsi con un passato mai davvero abbandonato.
Omar, figura centrale e caleidoscopica, svela un universo intimo in cui l’aspirazione alla libertà personale si intreccia con il bisogno di essere riconosciuti nella propria autenticità. La sua volontà di diventare un gangsta rapper famoso e di costruire una famiglia con tre figli non è solo il riflesso di un desiderio personale, ma l’affermazione di una soggettività irrinunciabile, che sfida la percezione collettiva della disabilità come limite. La sindrome di Asperger, nella sua peculiarità espressiva, non è presentata come una condizione invalidante ma come un vettore di creatività imprevedibile, una spinta centrifuga che infrange l’immobilismo esistenziale.
La relazione tra Irene e Omar esplora una dimensione ontologica del prendersi cura: il ruolo di caregiver, per Irene, non è un compito imposto dalla responsabilità morale, ma un percorso di riscoperta di sé, che mette in discussione l’idea di sacrificio come unica forma di amore. La sfida più grande non risiede nell’insegnare l’autonomia, ma nel riconoscere la propria dipendenza emotiva dall’altro, nella consapevolezza che crescere significa, a volte, imparare a stare accanto senza sopraffare.
Il talento di Yuri Tuci nel ruolo di Omar è ipnotico: l’attore plasma una performance sincera e trascinante, capace di trasmettere l’energia caotica e la purezza delle aspirazioni del personaggio. Al suo fianco, oltre agli altri, divertentissimi, Ludovico Zucconi che aggiunge ulteriore credibilità a un cast che si muove con disinvoltura tra comicità e malinconia, svelando una verità umana priva di artificio.
La casa di famiglia, riempita di oggetti che custodiscono il tempo, si trasforma in un microcosmo emblematico, dove la memoria e il desiderio di cambiamento si intrecciano in un vortice di emozioni e conflitti. In questa danza tra passato e futuro, i due protagonisti attraversano la linea sottile che separa il bisogno di protezione dalla ricerca di un’identità personale, sfidando le aspettative di una società spesso incapace di accogliere la diversità senza commiserazione.
La scelta registica di rappresentare la disabilità senza indulgere nella retorica pietistica diviene un atto politico e sociale, una dichiarazione di intenti che invita lo spettatore a riconsiderare i propri pregiudizi. Non si tratta di un racconto sulla disabilità, ma di un’esplorazione esistenziale sul valore dell’individualità e sull’urgenza di una comprensione autentica e non riduttiva dell’Altro.
Un film importante, divertente, commovente, entusiasmante sui temi della inclusività, il disagio, la crescita…
Su quanto la famiglia possa diventare un limite alla possibilità di diventare grandi e quanto la società possa essere responsabile e connivente nella mancanza di supporto a tutte le difficoltà vissute dai contesti familiari abbandonati a sé stessi.
Temi sfiorati quali il bullismo, il ricorso alle immagini di cui la loro casa è colma descrivono una vita plasmata da una disfunzionalità tuttavia eccitante, dinamica, folle e eclettica.
Una riflessione sulla neurodivergenza, sul disagio surreale e creativo della provincia felliniana del fattore imponderabile, della disperazione e della imprevedibilità che scuote l’abitudine, con un guizzo di paradossalità esilarante.
Non si può non amare, ascoltare Omar con le sue logorroiche descrizioni, soffrendo e gioendo insieme a lui, che senza filtri racconta la sua intimità. Non si può non immedesimarsi con Irene che lotta perché il fratello diventi grande, adulto, autonomo, realizzato; non solo fratello maggiore sulla carta.
Tratto da una storia vera, il film è segnato da colonna sonora travolgente che va dal rap a Jannacci e non solo… perché….
Bisogna avere orecchio
Bisogna avere il pacco
Immerso dentro al secchio
Bisogna averlo tutto
Anzi parecchio
Per fare certe cose
Ci vuole orecchio
… Chi ha perso il ritmo si deve ritirare
Chi non sa fare, deve far da solo
Vietato di fermarsi anche a respirare
Lasciare via, andate via perché
La base continua a girare
Chi non sa stare a tempo, prego andare
Perché, perché, perché...