LA MISURA DEL DUBBIO LE FIL

Daniel Auteuil

1h 55m  •  2024

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Recensione di Beatrice On 23-Sep-2024

Nel dare forma alla nostra vita, siamo la stecca da biliardo, il giocatore o la palla? Siamo noi a giocare, o è con noi che si gioca?

Preludio e Fuga N.2 Clavicembalo Ben Temperato Libro1, Preludio in do minore BWV 999 J.S. BACH: la colonna sonora del dubbio e del tormento.

2017, Camargue, zona umida a sud di Arles, Francia, habitat europeo per il fenicottero rosa.

Arriva una chiamata dalla questura, serve un avvocato d’ufficio.

Nicolas Milik è stato arrestato: accusato di aver ucciso la moglie alcolista.

Padre di tre femmine e due maschi, si dichiara innocente.

L’avvocato Jean Monier decide di seguire il caso.

Inizia la sua indagine tra parenti, amici, vicini: tutti tranne la famiglia della donna, pendono per l’innocenza di Nicolas, compresi i figli molto giovani.

L’unico sospetto sull’uomo è che sia stato influenzato dall’amico barista Roger, dal quale si reca la sera del delitto, che lo avrebbe convinto a farla fuori.

L’avvocato è assolutamente persuaso dell’innocenza dell’uomo, pur avendo un demone da sconfiggere: 15 anni prima era riuscito a far assolvere un assassino che una volta uscito aveva continuato a delinquere.

Pochi esterni, quasi tutto si svolge in aula di giudizio.

Il filo a cui fa riferimento il titolo originale è quello ritrovato sotto le unghie della moglie uccisa, del tessuto della giacca del marito, ma anche il filo che dovrebbe metaforicamente condurre a trovare la via d’uscita dal labirintica indagine senza ulteriori dati empirici.

Storia vera raccontata direttamente da un legale in un libro sotto pseudonimo mai tradotto in italiano, Au guet-apens:Chroniques de la justice pènale ordinaire di Maître Mô.

I primi 90 minuti sembrano confermare l’innocenza di Nicolas, un omone timido, riservato, a tratti tenero e empatico che sollecita l’insinuazione del dubbio che si tratti di un errore giudiziario basato soprattutto sulla sua incapacità di decidere liberamente come agire, come difendersi, come schermarsi rispetto alle accuse e sulla necessità di ritornare dai propri figli rimasti ormai orfani a causa della sua detenzione.

L’unico accanimento nei suoi confronti proviene dall’avvocata dell’accusa e dalla sorella della vittima.

Il dubbio che si riconferma anche dopo la condanna a venti anni di carcere è la debolezza caratteriale di un uomo dettata dalla necessità di non deludere le aspettative altrui, nel bene e nel male.

Gli ultimi 20 minuti della pellicola si riveleranno assolutamente sorprendenti: la misura del dubbio, diventa smisurata, il filo si annoda in modo crudele, subdolo, perverso, pervenendo ad una verità che solo la concretezza dei fatti di una storia effettivamente accaduta poteva garantire perché la realtà supera sempre la fantasia.

L’abilità di svelare lentamente i fatti, destando perplessità, stimolando considerazioni, evidenziando aspetti caratteriali che avrebbero influenzato un certo tipo di comportamento risulta avvincente fino alla traumatica accelerazione finale, impensabile e sconvolgente.

Un film che si insinua in modo apparentemente neutro nel percorso cinematografico, prende una piega contenutistica assolutamente sorprendente: il tema etico, la conflittualità professionale, l’imprevedibilità, la convinzione e di conseguenza la scelta di intraprendere una direzione, il dubbio e con esso lo spettro dell’errore, la verità mai ponderabile, misurabile, valutabile, raggiungibile, il rischio ma soprattutto il mistero dell’umano esteriormente normale, familiare e per questo sempre inconoscibile e imprevedibile.

Un film magnificamente disorientante.

La vita è un’incognita individuale illogica alla quale si desidera attribuire un’ideologia sensata per non cadere nel baratro dell’iniquità.

23-Sep-2024 di Beatrice