KIND OF KINDNESS

Yorgos Lanthimos

2h 45m  •  2024

kind_of_kindness_movie_avatar

Recensione di Beatrice On 07-Jun-2024

I must be cruel only to be kind

Tre episodi

La morte di RMF

Per conservare il privilegio economico e sociale, una bella casa, una vita di coppia stabile Robert deve eseguire scrupolosamente tutte le richieste del suo capo Raymond: dagli abiti, al cibo, alle letture, alle abitudini quotidiane, alla vita sessuale, ai drink, fino a che una richiesta estrema turberà gli equilibri mantenuti per 10 anni.

La nuova esperienza della libertà che Robert sarà costretto a vivere lo indurrà alle umiliazioni più radicali. La paura lo terrorizza, la solitudine lo travolge, dovrà trovare una soluzione, l’unica possibile.

Con How deep is your love dei Bee Gees, si chiude questo episodio che inevitabilmente ricorda Miserere del connazionale Babis Makridis.

Un tuffo nella Servitù Volontaria di Etienne De La Boetie, amaro, inesorabile, irrevocabile, insanabile, irrecuperabile.

La libertà è uno spettro da rifuggire, l’incapacità di gestirla è pervasiva, inconsapevole e macabra.

RMF vola

Daniel è un poliziotto: la scomparsa della moglie a causa di un naufragio slatentizza il suo disturbo.

E’ terribilmente angosciato, e quando la moglie torna, nota subito dei comportamenti che non corrispondono e si convince che non sia lei.

Inizia a manifestare disagio e anche i colleghi sono preoccupati: vive un delirio persecutorio tra forti convinzioni e richieste sorprendenti alla consorte Liz che lo asseconda come faceva Bess ne Le onde del Destino di Lars von Trier. Ma come è noto, la convinzione fa tanti martiri ridicoli e tanti carnefici grotteschi.

La sigla del secondo episodio con i cani umanizzati è sorprendente e propedeutica al terzo.

RMF mangia un sandwich

Ovvero: la fede inizia dove la religione finisce ( Soren Kierkegaard)

Una Dodge Challanger viola sfreccia sgommando con alla guida Emily che insieme a Andrew si recano in un ospedale per mettere alla prova una candidata e vedere se riesce a resuscitare un morto nell’obitorio.

Una comunità promiscua e misteriosa, fissata sulla contaminazione delle acque, sta cercando una incontaminata che possa esercitare la sua attività su uno Yacht di lusso. Omi e Aka sono i responsabili e Emily che ha abbandonato marito e figlia si dedica a questa causa.

Un sogno, due gemelle, una veterinaria, un cane, uno stupro.

Un finale oltremodo travolgente.

Un Amores perros di ricchi, questo, dove Inarritu riecheggia attraverso la famosa battuta: “Vuoi far ridere Dio? Raccontagli i tuoi progetti!”

Un film scritto insieme al Filippou di Dogtooth, Alps, The Lobster,Il sacrificio del cervo sacro.

Il delirio persecutorio della convinzione paranoica, l’osservazione del modo in cui le persone sono sicure di avere il controllo sulla propria vita nella inconsapevole (il)libertà di decidere.

Il potere concesso, la sottomissione ambita, la necessità del controllo il baratto della propria libertà per un po' di sicurezza… direbbe Freud.

I rapporti umani che non sono relazioni ma innesti di organismi precari e servili, sadici e sacrificati al mistero del corpo.

Un film in cui l’eterosessualità è superata, l’etica sconosciuta mentre regna l’immunità al pensiero critico.

L’identità rimane una falsa promessa difronte all’ insufficienza antropologica di cui occorre prendere atto; il sarcasmo di Lanthimos ci allontana dal tentativo di colmare illusoriamente la condizione costitutiva di questa mancanza.

Più che un progetto, una scelta, una responsabilità, un’etica, una deontologia, la vita è azione senza pensiero, un atto di abnegazione, una tifoseria… è schierarsi da una parte o dall’ altra in modo irriflesso.

Il sacrificio di se nel lavoro nella coppia e nella società…. Volontario o inconscio?

Il bianco e nero per raccontare una storia oppure un sogno, tra ville, hotel, luoghi sofisticati e ameni; la musica del grande compositore Jerskin Fendrix riesce a tenere in sospeso le emozioni riuscendo a calibrare perfettamente i vuoti usando pianoforte e coro per equilibrare gli spazi dell’umorismo paradossale, cupo e drammatico del regista greco nella sua visione circolare, tutt’altro che escatologica.

Il metalinguaggio dell’assurdo non esita a esercitare il doppio sguardo sulle contraddizioni ontologiche che passano dalla commedia alla brutalità, dal gioco al terrore esistenziale.

Niente è convenzionale, non ci sono codici interpretativi, né soluzioni, né tantomeno risposte perché le gabbie mentali dei protagonisti straripano di convinzioni e le convinzioni sono carceri, come diceva Nietzsche.

L’ospedale torna in tutti e tre gli episodi, e se Cristian Mungiu titolava il suo ultimo film Rezonanta Magnetica Nucleara (RMN), come allegoria dell’Occidente, e della sua politica, Lanthimos con i tre episodi RMF, potrebbe far riferimento alla Risonanza Magnetica Funzionale, idonea a studiare a fondo e dettagliatamente la complessa attività cerebrale nell’essere umano, consentendo di elaborare mappe assai affidabili dei vari modelli d’attivazione delle aree neuronali.

Ma in inglese l’acronimo sarebbe FMR pertanto rimane l’incognita delle iniziali sulla camicia del primo episodio e l’incognita della ripetizione della sigla RMN che per alcuni significherebbe Risk Management Framework ossia Programma di gestione del Rischio di cosa? Dell’attività celebrale? Forse, chissà…

La gente ha bisogno di un mostro in cui credere. Un nemico vero e orribile. Un demone in contrasto col quale definire la propria identità. Altrimenti siamo soltanto noi contro noi stessi.

07-Jun-2024 di Beatrice


Yorgos Lanthimos movies