Kill the Jockey

Luis Ortega Questo film è stato presentato a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Kill The Jockey Comedy • 2024 • 1h 37m

Recensito da Beatrice 29. August 2024

Si ama quello che colpisce e si è colpiti da ciò che non è ordinario

La normalità… questa sconosciuta.

Catapultati in piena fotografia Kaurismakiana, ecco una rassegna di facce stravaganti, corpi mutilati, concavi o convessi, degrado e corruzione tra scommesse clandestine e criminalità.

Una frustata in faccia ad una ragazza forse trans, forse no mentre Remo Manfredini dorme a bocca aperta in un bistrot.

E’ il fantino più famoso e glorioso della sua generazione ormai consumato dall’uso di droghe ed alcool. Deve risarcire il boss Sirena per il quale corre e al quale deve la vita. Abril, la sua ragazza anch’essa fantina sta prendendo il suo posto e lui imbottito di ketanol la droga degli equini da corsa, ha un incidente che uccide un cavallo di valore. Ormai in fin di vita inizia una percorso di trasformazione esteticamente travolgente e affascinante per le strade di Buenos Aires.

L’immaginario è grottesco, lo sfondo è quello di Buenos Aires: “Camminare in quella città – spiega il regista – è una vera esperienza, soprattutto di notte. Ci sono molti fantasmi e persone fuori dall’ordinario. Il film nasce proprio da uno sguardo profondo sulla città, la coscienza di un’innocenza, di un’ignoranza. Il fatto è che è più facile scrivere quando qualcuno ti perseguita. Nel ruolo di Remo, Nahuel Pérez Biscayart, premio César per 120 battiti al minuto, scelto da Ortega in quanto “unico attore in grado di arrivare a quel punto così sospeso”: “Luis è un mago, l’unica persona con cui ho lavorato più di una volta, ci conosciamo molto bene, ci comprendiamo al volo”.

Luis Ortega è considerato una delle voci più originali del cinema argentino contemporaneo confeziona un film originalissimo, sorprendente per forma, travolgente per contenuto; un po’ surreale, un po’ grottesco, e comunque mai realistico.

Niente è come sembra se non la criminalità banale e fine a se stessa, che alleva bambini, cavalli e fantini difronte all’idolatria barocca e kitsch della devozione cattolica a cui disperatamente aggrapparsi.

Regna il disagio in un mondo/corte dei miracoli dove solo il denaro ha un valore non per chi è alla ricerca e allo smaltimento continuo delle proprie inafferrabili identità…

Remo è uno o una, nessuno o nessuna è contemporaneamente centomila realtà. Balla, si traveste, si emoziona, ama, vuole un figlio dalla sua Abril che fa sesso con un’altra.

Tornerà ad essere Remo, dopo aver incarnato varie sembianze compresa quella di Lola: tornerà a correre veloce come il vento perché nessuno può bloccare la sua molteplice plurivocità.

Un’interpretazione sublime non passerà inosservata.

Colonna sonora sofisticata e travolgente.

Remo ha un turbante di bende, indossa una pelliccia e una borsa trovate al suo risveglio: non sa esattamente chi è ma soprattutto non sa chi non è perché è sempre pronto a diventarlo. Il trasformismo identitario all’opera in un mondo in cui se l’identità è sconosciuta, la fluidità annega in un mare di possibilità tuttavia istrioniche, teatrali, caricaturali dove l’ontologia cede il posto al relativismo estremo, via privilegiata per il nichilismo radicale , ludico, disperato ma eccentrico, ricreativo e artistico.

La sensazione estetica può diventare una scienza e l'originalità essere coltivata come una disciplina

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