ISLA NEGRA

Jorge Riquelme Serrano

1h 55m  •  2024

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Recensione di Beatrice On 26-Nov-2024

La nostra società è fatta di riti. Tra questi il più diffuso, barbaro e crudele, resta il sacrificio umano della fiducia altrui.

Guillermo ha una splendida casa sul mare di Isla Negra, Cile.

E’ un imprenditore con un grande progetto immobiliare nella zona, per il quale non si è esitato ad espropriare e abbattere case costruite ai margini della riva dai pescatori, Indios, originari del luogo.

Condivide un week end con la sua assistente, con la quale si intrattiene intimamente, dopo averla invitata a trascorrere alcuni giorni nella sua abitazione ma della quale si stanca presto invitandola scortesemente ad andarsene.

Ma qualcos’altro turberà quel panorama a tutto tondo di quel tratto di costa sulla quale aveva una casa anche il grande poeta cileno Pablo Neruda, detta Negra per la presenza di formazioni rocciose di colore nero.

"Isla Negra" si presenta come un'opera cinematografica che invita lo spettatore a un'esperienza profonda e meditativa, mettendo in scena una rappresentazione allegorica dell'alienazione contemporanea. Il film si sviluppa su una zona costiera, che diventa sia rifugio che prigione per i suoi protagonisti, esplorando la tensione tra la prevaricazione e l’autenticità delle origini.

Simbolo di isolamento e di ricerca interiore, “Isla Negra” gioca con l'ambivalenza della condizione umana moderna: uno spazio fisico, ma anche mentale, dove le dinamiche sociali giocano un ruolo fondamentale. Come nella filosofia esistenzialista, i personaggi si trovano a confrontarsi con la loro stessa libertà, un peso insostenibile che li spinge a negoziare la propria autenticità. Una metafora della condizione postmoderna, un luogo dove la conferma delle proprie origini si scontra con il vuoto della prepotenza prevaricante e dove la verità si dissolve in una serie infinita di interpretazioni.

Il film non manca di porre in primo piano una critica della società moderna attraverso il prisma del potere e del controllo sociale. In “Isla Negra”, l'ordine gerarchico si stabilisce rapidamente, e i protagonisti si ritrovano in una rete di relazioni di dominio e sottomissione. Ciò ricorda la riflessione foucaultiana sulla "biopolitica", dove il controllo non è solo fisico ma soprattutto mentale. Zona apparentemente libera dalle imposizioni della civiltà, diventa uno spazio dove i meccanismi di controllo sociale si riproducono con maggiore intensità, svelando l’illusione di una libertà autentica.

Questa dinamica di potere richiama la "società dello spettacolo" di Debord, dove l’immagine e la rappresentazione sostituiscono la realtà. Nel film, infatti, il concetto di “realtà” è costantemente messo in discussione: le relazioni umane sono filtrate da aspettative e simulazioni, e la stessa identità dei personaggi è continuamente messa alla prova. La verità è labile, come l’orizzonte che circonda l’isola, sfumata in una nebbia che confonde il confine tra il reale e il simulato.

Uno degli aspetti più toccanti di “Isla Negra” è la rappresentazione della crisi identitaria. Ogni personaggio porta con sé un bagaglio di aspettative e norme sociali che cerca di superare, ma finisce per rimanerne imprigionato. Il luogo diventa così un non-luogo, simile alle “eterotopie” descritte da Foucault: spazi di alterità dove l'identità può essere messa in discussione, ma anche dove il rischio di perdersi è sempre presente.

Il film esplora il tema dell'alienazione in modo sottile, ricordando le riflessioni di Marx e della Scuola di Francoforte: l'individuo, pur lontano dalle strutture urbane della modernità, non è meno alienato, perché l'alienazione non è solo una questione di spazio, ma di rapporti sociali. Su “Isla Negr”a, i protagonisti sono alienati non solo dagli altri, ma anche da sé stessi, incapaci di riconoscere la propria autenticità in un mondo di apparenze e di convenzioni interiorizzate.

Il film offre anche una critica implicita al mito del progresso e alla civilizzazione occidentale. Attraverso una narrazione che si svela in modo lento e riflessivo, “Isla Negra” fa emergere la fragilità della civiltà moderna e il suo legame inscindibile con la natura e con l'ambiente. Quel luogo ameno, pur essendo la promessa di una una vita più semplice e autentica, si rivela ostile e piena di pericoli, suggerendo che l'utopia di uno stato di "natura" è essa stessa una costruzione ideologica.

Questa critica viene amplificata dalla rappresentazione di uno spazio temporaneamente sospeso tra la nostalgia di un passato perduto e la paura di un futuro incerto e minaccioso. La natura selvaggia di “Isla Negra” diventa simbolo di una realtà che non può essere completamente addomesticata o compresa, un monito contro l'illusione del controllo e della certezza che caratterizza il pensiero razionalista.

In definitiva, “Isla Negra” è un film che, attraverso la sua narrazione simbolica e la sua ambientazione suggestiva, invita lo spettatore a riflettere sulla condizione umana, sui limiti del progresso e sulla ricerca di autenticità in un mondo che sembra aver perso il proprio senso. Un film che interroga, costringendo chi guarda a confrontarsi con le proprie contraddizioni e con le illusioni che spesso mascherano la nostra stessa esistenza.

In un'epoca di iper-connessione e sovra-stimolazione, “Isla Negra” si distingue come un'opera che invita al silenzio e alla riflessione, un viaggio filosofico che, come ogni buona filosofia, non ha la pretesa di trovare la verità, ma di farci dubitare delle nostre certezze.

26-Nov-2024 di Beatrice