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In the basement

In The Basement

Ulrich Seidl

Drama • 2014 • 1h 25m

Recensito da Beatrice 23. June 2023

Austria

Le cantine sono luoghi di ricreazione e gli austriaci vi trascorrono il tempo libero. Qui possono esser quello che vogliono coltivando bisogni, hobbies, passioni, ossessioni, dipendenze...

Ulrich Seidl dopo la trilogia Paradise (love, faith, hope) torna al documentario e si concentra su alcune cantine tra le quali quella di un fan del führer Adolf Hitler, di una coppia sadomaso, di una signora che colleziona e coccola bambole di neonato, di un maniaco della pulizia, di uno che ha costruito un tiro al bersaglio mentre spara e canta la lirica ecc.. Una meravigliosa documentazione di quello che separa la vita sociale da quella privata.

Non mancano le storie che raccontano lo smarrimento, come quello di una donna che è fuggita da due uomini violenti per dedicarsi al masochismo e come se non bastasse lavora per la Caritas e aiuta le donne che subiscono abusi.

La cantina é un posto da nascondere e Seidl ha faticato molto per entrare. Sono il luogo del mistero e delle paure. Qui si incontrano i doveri da cui si fugge, il modo di sublimare le proprie inadeguatezze, di esplicitare il bisogno  di esercitare il potere e di trovare sfogo alla repressioni sessuali.

Un posto dell'inconscio dove si nasconde il senso, i sentimenti, i vissuti.

Seidl continua a indagare l'umano, senza giudicare, lasciandoci vedere ciò che vede, ciò che lo colpisce, che lo sorprende, costruendo piccoli frammenti di realtà mai completi ne' definitivi.

Sostiene anzi che nessuno di noi è immune per esempio dalla xenofobia, da paure, integralismi, tendenze alla violenza, inespressi desideri di potere, repressioni e fantasie sessuali. Nei suoi film-documentari convivono sempre simboli religiosi con le violenze più aberranti per considerare che ogni volta che sia dato a qualcuno la possibilità di agire sull'altro si può andare incontro a oppressioni, umiliazioni, abusi.

In questo documentario é evidente quanto nelle case i saloni siano i luoghi di rappresentanza pressoché disabitati e le cantine la vera dimensione da vivere.

Molte scene provocano disagio e non si sa se sia più forte il bisogno di ridire o piangere; di certo una grande tristezza assale e un forte imbarazzo.

E' evidente il contrasto tra la vita di facciata e quella nella quale si può essere qualcosa che è sempre inevitabilmente lontano da quello che si è.

Un tentativo di fuggire dalla realtà per costruire un'altra realtà che evidenzia semplicemente il sintomo, lo testimonia congelandolo.

Seidl scatta istantanee inquietanti che producono, laddove possibile, il risveglio da una anestesia biologica che incornicia le identità come carte da cancellare e riscrivere. Un tentativo di sollecitare lo sguardo, di eccedere, di rompere, di infrangere, di SAPERE che quella, la cantina, é semplicemente e illusoriamente un atto di libertà.

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