
Recensione di Beatrice On 27-Jun-2023
La mente ama l’ignoto, ama le immagini il cui significato è ignoto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto.
Davud vive con la madre malata, esce infastidito dalla convivenza e inizia un percorso di ricerca: l’amore, il significato, la vita.
Uccide un uomo che ha insultato la sua amica e un dottore che osserva inattivo chiede a tre ragazzi di inseguirlo e catturarlo. Arriveranno dopo che avrà incontrato una ragazza affetta dalla rabbia che uccide il padre abusante mordendolo sul collo; dopo che avrà incontrato una donna picchiata dal marito alcolista; dopo che darà un passaggio ad una sposa in fuga da un matrimonio combinato.
Un viaggio di nozze spirituale fra le nebbie delle foreste arzebaijane si completerà con il suicidio della sposa paga di aver conosciuto finalmente l’insperato senso dell’amore.
Ogni volta si compie un omicidio-suicidio, il lavaggio del corpo di una donna viva prima della sepoltura e l’incontro con chi aspetta ma non riconosce l’amore. Il ritorno a casa. La morte della madre.
Dopo la trilogia sulla famiglia, Baydarov fugge e ritorna nella casa materna percorrendo stazioni di morte e di rinascita.
La ricerca del significato, dell’amore, del dolore, della pietà, dello spazio che non c’è e del tempo silenzioso e solitario della nebbia.
L’ontologia della domanda inesauribile, l’introspezione filosofica sulla mancanza, l’attesa, il caso, tuttavia intriso di sacralità metafisica.
La vita come ricerca: assenza desolazione, rassegnazione, passione gestite in un linguaggio artistico autoriale, marcato, strutturato, assolutamente riconoscibile, con tratti da istallazione d’arte contemporanea, su paesaggi asfissianti, polverosi e desolanti, seppur estremamente poetici e visionari.
Una rara lezione di quell’arte che ha un solo scopo: non riprodurre il visibile ma renderlo visibile.
27-Jun-2023 di Beatrice