
Recensione di Beatrice On 23-Jun-2023
Darby Crash avrebbe forse goduto di un quarto d’ora e più di vera celebrità. E, invece, il cantante dei Germs un microculto era da vivo e un microculto è rimasto da morto. Crash decise infatti di ammazzarsi – overdose, ovvio – il giorno prima dell’omicidio di Lennon: mai tempistica più sbagliata perché, naturalmente, i titoli di giornali e notiziari televisivi furono tutti per l’ex Beatles. Poco o niente per questo degenerato californiano, mente e corpo di un gruppo che, a ragione, viene considerato la versione americana dei Sex Pistols: stessa vocazione nichilista, stessi casini sul palco e fuori dal palco, stessa scontata fine del più fuori di testa della band.
Questa è la vita… esordisce Adrien raccontando questo aneddoto!
La fidanzata lo mette in stand-by parlando di “pausa” e quando lui le chiede cosa significa, lei risponde che la pausa consente di riprendere mentre lo stop no.
Insomma lo sta lasciando in modo soft ma lui non demorde e dopo le tre fasi che consistono in depressione, rabbia e disperazione, che si trasforma in commiserazione compiaciuta, dopo 38 giorni le manda un messaggio esattamente alle 17.24 e alle 18.56 ancora non ha ricevuto risposta e Adrien deve stare a cena con i genitori, la sorella e il futuro cognato.
Tra flashback di memoria infantile e adolescenziale, il protagonista, alto magrissimo e piuttosto impacciato colleziona ricordi tra i quali il primo appuntamento con Sonia, la fidanzata della pausa.
Un flusso di coscienza circolare, attraverso lo sguardo di chi è infastidito da tutto perché tutto sembra inutile, stupido, ripetitivo e ridondante quando si attende una risposta, un cenno di vita, un segno di riconoscimento dalla pausa.
E quindi esamina con occhio critico i soliti racconti del padre a tavola, le solite reazioni della madre, gli incidenti emotivi della sorella e si trova a dover incassare l’invito del cognato, quello di fare un discorso nel giorno del loro matrimonio, a lui, schivo, insicuro e assolutamente lontano da qualunque debolezza narcisistica.
Nel suo flusso emotivo pensa alla malinconia dei matrimoni, all’insopportabilità dei trenini; a tutti i non detti familiari, perpetrati per menefreghismo o per pietà, alla realizzazione di desideri inconfessabili per evitare il discorso matrimoniale…
Fino a tormentarsi sull’incontro di Sonia con un tale Romain, presunto responsabile dell’allontanamento della fidanzata.
Tirard orchestra una commedia tragi-comica, che si scatena sull’ipocrisia della famiglie, sull’inconsistenza degli amori, fatti di dipendenza e solitudine, sull’illusione, i cortocircuiti, gli stereotipi e le abitudini sclerotizzate della vita irriflessa e biologica.
La metafora della melassatura e della trofallasi la dicono lunga sugli ingredienti e la pietanza che questo film sforna con sofisticata abilità.
Ottantasette minuti di riflessione critica, di divertimento macabro, di sarcasmo raffinato e sottile sui temi della famiglia, della società, dell’amore e del proprio posto nel mondo.
Il riconoscimento di sé inevitabilmente passa per tutto questo e a volte il percorso ad ostacoli si rivela tracciabile, a volte si inerpica su sentieri Sisifei.
Il film, persosi inspiegabilmente nelle maglie labirintiche della distribuzione, esce finalmente nelle sale italiane il 10 febbraio 2022 dopo essere stato presentato a Cannes 2020.
Tratto dall’omonimo romanzo introspettivo del noto fumettista francese Fabrice Caro diventa nelle mani di Tirard una brillantissima commedia con una sceneggiatura caoticamente riuscita su nevrosi, ossessioni, paranoie, solitudini ma soprattutto sull’inesauribile tema della incomunicabilità umana.
Un democriteo sorridere all’assurdo del mondo, un sensuale, cinico immergersi nel mare del vivere, nell’ondosa indifferenza del reale.
23-Jun-2023 di Beatrice