
Recensione di Beatrice On 23-Nov-2024
Nessuna donna può definirsi libera se non possiede e controlla il proprio corpo. Nessuna donna può definirsi libera fino a che non sceglie coscientemente se vuole oppure no essere una madre.
Una giovane donna dolcissima massaggia un piccolo omino orientale.
E’ Rosita, bionda/rossa, corpulenta: si risvegliano abbracciati, lui paga e esce.
Lavora in una lavanderia industriale e fa anche la steward in uno stadio da calcio: accompagna disabili e osserva gli spettatori per questioni di sicurezza.
Ama a giocare come una bambina con l’amica Chelsea di 8 anni, tanto da dimenticare di riportarla a casa.
Il suo corpo viene ritratto senza pudori mai volgari: una donna obesa, bella tonda, accogliente, abbondante in tutto.
Il suo corpo così generoso è sempre frutto del controllo di chi presume di sapere come comportarsi.
Rosita è una donna/bambina e chiama mamma, ritenendola tale, una donna sposata con Roger dai quali si sente adottata come figlia.
É stata abbandonata dalla madre e una volta rimasta incinta ha interrotto la gravidanza su suggerimento dell’altra “madre” che non ritiene sia in grado di provvedere a lei e tantomeno ad un figlio.
Ogni volta che Rosita incontra un cliente, oltre a inserire nella vagina lo sperma rimasto nel profilattico, procede con il test di gravidanza che un giorno fortunatamente o no, da esito positivo.
Inizialmente lo tiene nascosto, vuole sapere se è maschio o femmina; lo dice a Chelsea e poi alla “madre” che vuole convincerla anche questa volta a interrompere la gravidanza portandola ad un consultorio ospedaliero.
Ma Rosita questa volta, nonostante il lavoro precario, i debiti, il credito al consumo che ha accumulato e l’allontanamento dai genitori putativi, vuole dimostrare, seppur nell’incertezza, di essere una madre migliore della sua.
Un’interpretazione sublime quella della protagonista, speriamo ottenga un premio.
Un film fiammingo molto interessante: ambientazione, attori, ritratti di luoghi e figure estremamente credibili.
Il ritratto di una donna/bambina che non riesce a sottrarsi dalla necessità di amare e di sentirsi amata, che non riesce ad uscire dall’aspetto ludico della vita infantile, divertendosi più con i bambini che con gli adulti; strabordante di amore, di necessità di riconoscimento e di mettersi in gioco per dimostrare a sé stessa di essere in grado di crescere e di assumersi le responsabilità di una madre.
Wannes Destoop racconta con estrema sensibilità una storia delicata, insolita, in modo intimo, ravvicinato, tutte le espressioni e le emozioni di una donna alle prese con il proprio passato, il destino e le scelte che cambieranno la sua vita nel bene e nel male e per fare questo ricorre all’attrice teatrale Daphne Agen alla sua prima, indimenticabile, interpretazione cinematografica.
Rosita non è una santa, così dice la “madre”, ma il titolo vuole definirla così, proprio per affermare la criticità di una definizione che non significa nulla.
Rosita è l’intensità e il dramma di una vita bloccata, inquadrata, definita dalla quale sente la necessità di svincolarsi ed emanciparsi con il suo corpo ingombrante, morbido e bellissimo.
Non hai avuto modo di scegliere i genitori che ti sei ritrovato, ma hai modo di poter scegliere quale genitore potrai essere.
23-Nov-2024 di Beatrice