
Recensione di Beatrice On 22-Jun-2023
Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata
L’ispirazione della storia vera vede delle villette a schiera; siamo a Spinaceto dove vivono famiglie con un apparente e cordialmente falso rapporto di vicinato mentre poco distante da lì un cameriere padre single vive in una casa prefabbricata.
Inquadrature più o meno ravvicinate tendono ad evidenziare vissuti comportamentali cafoni e volgari.
La futura giovanissima mamma sguaiata e sciatta e le anaffettive madri di ragazzini inquieti di fronte a paternità complici di trivialità diseducanti.
Una periferia che ispira la storia vera di giardini con piscine gonfiabili dove i ragazzini condividono l’apnea indotta dalle famiglie.
Dove i pidocchi si insinuano nei capelli e i progetti nelle menti dei ragazzini meno oziosi.
La turpitudine etica di genitori che non comprendono come sia possibile avere figli così diversi da loro che li osservano come statue nel museo degli orrori.
La favola è proprio questa, come conciliare la sordità morale degli adulti con la minuziosità dello sguardo dei bambini?
Se la Spinaceto di 30 anni fa di Nanni Moretti non era affatto male, oggi, vista da dentro è il male. Il problema evidentemente non è Spinaceto, quartiere romano di periferia, come tanti altri, compresi quelli di Roma nord, e di città che parlano altri dialetti.
Il problema è l’analfabetismo emotivo e il disimpegno morale che da trent’anni cresce e si ramifica in quella “società naturale fondata sul matrimonio”: la famiglia.
Se due dei coniugi rappresentati dalla regia si definiscono rispettivamente padri e madri meravigliosi mentre i figli ordiscono progetti aldilà del bene e del male, sembra evidente che la storia falsa debba presentarsi con l’intestazione di poco ispirata…
Ma l’ispirazione è quella di far diventare una favola falsa una favolaccia laddove i personaggi e gli ambienti sono fantastici mentre i comportamenti e i difetti terribilmente realistici.
I bambini non ridono, non sanno ridere, il loro smile somiglia ad una smorfia di dolore; non parlano se non per chiedere alla giovane e provocatoria adolescente sfatta se desidera il figlio che ha in grembo mentre intinge un biscotto nel latte del seno spremuto.
Il conformismo immorale dei genitori fa sentire a questi figli “la mancanza di benedizione alla loro nascita, cosa che poi li rende tristi e infelici per tutta l’infanzia e la giovinezza”
Questo raccontano magicamente i due fratelli, mistificando una realtà così evidente che il pessimismo di cui vengono tacciati evidenzia l’incapacità di visualizzare l’ombra che una anormalità sconosciuta getta sulla vita.
Quella vita che ispira una storia falsa e poco ispirata che educa all’incertezza e alla mancanza d’amore fatta di una falsa certezza così crudele e impietosa da non ammettere disobbedienze.
Essere “bravi” è il primo comandamento del conformismo ma la disobbedienza è il risultato di una obbligatoria tendenza all’infelicità.
La storia vera e la storia falsa si intersecano sul cammino di una ispirazione tragicamente concreta, laddove la disperazione tardiva e la cronaca televisiva ritraggono l’ontologica e ormai irreversibile incapacità di osservare e di capire.
Una Miss Violence quella dei fratelli D’innocenzo che si presenta subito come storia falsa poco ispirata, mentre quella di Avranas era tratta da una storia vera.
La verità è un’illusione di cui si è persa la natura illusoria, diceva Nietzsche e l’ideale del vero è la finzione più profonda.
22-Jun-2023 di Beatrice