DOPPIA PELLE LE DAIM

Quentin Dupieux

1h 17m  •  2019

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Recensione di Beatrice On 23-Jun-2023

Non si desidera di godere. Si desidera sperimentare la vanità di un piacere, per non esserne più ossessionati

George è a bordo della sua auto e si aggira per le campagne francesi: getta la sua giacca di velluto nel water di un distributore, intasando completamente lo scarico. Ha un appuntamento per acquistare una giaccia di puro daino al 100% made in Italy, usata, ma in ottime condizioni con le frange perfettamente intatte. Porta con sé 7550 euro e riceve in omaggio dal venditore privato anche una videocamera.

Inizia a specchiarsi frequentemente sui vetri dell’auto e a riprendersi.

Si reca in un hotel e prenota una camera per un mese, si guarda continuamente allo specchio, è ipnotizzato dalla giacca.

Non riesce a prelevare i soldi al bancomat, il suo conto è stato bloccato dalla moglie la quale gli dichiara: “ non sei da nessuna parte, non esisti più” e lui getta il cellulare nella spazzatura.

Offre la sua fede nuziale a garanzia del pagamento della camera nella quale soggiorna; in un bar incontra una cameriera, Denise, che diventerà la sua complice professionale. Racconta di essere un famoso regista e la giovane ragazza, appassionata di montaggio gli offre la sua collaborazione oltre al suo denaro.

Intanto George riceve comandi dalla giacca e le esprime un desiderio, quello di diventare l’unica persona al mondo ad indossare quell’indumento.

“L’uomo reificato ostenta la prova della sua intimità con la merce. Il feticismo della merce raggiunge dei momenti di eccitazione fervente.”

Riceve in regalo da Denise un paio di pantaloni di daino al 100%, trova tra le mani del defunto portiere di albergo un cappello di daino 100%, acquista guanti e camperos sempre dello stesso materiale, ormai la sua doppia pelle è al completo: Le Daim.

Deve solo riuscire a realizzare il suo desiderio/ossessione…

Invita persone a sottoporsi al provino per il suo film, costoro dovranno portare tutte le giacche di loro proprietà depositarle nel portabagagli dell’auto di George e ripetere il solito mantra:

“GIURO CHE NON INDOSSERO’ PIU’ UNA GIACCA IN VITA MIA”

Inizierà da qui un’ escalation di violenza; la lucida follia di George non conoscerà limiti; userà improbabili armi e grotteschi pretesti per raggiungere il suo esilarante obiettivo, attendendo fuori dal cinema l’uscita dei clienti per portare a termine il genocidio delle giacche, sepolte in fosse comuni.

Uno psycho-horror dal finale sorprendentemente imprevedibile vede compiere il sacrificio estremo, quello dedicato all’altare dell’ossessione del godimento.

Definire Quentin Dupieux, produttore musicale, musicista e regista , un artista non convenzionale, non restituisce il portato delle sue opere, apparentemente surreali e estreme, sostanzialmente e formalmente il ritratto di una realtà che va oltre la sua credibilità.

La scelta fotografica virata al cinema anni ’70 colloca la storia in un contesto spazio temporale indefinito, come lo sono i protagonisti con i loro caratteri sfocati e disturbati.

Con Doppia pelle e i suoi precedenti film Dupieux costringe lo spettatore a guardare con occhi increduli ciò che con uno sguardo attento è la realtà.

Qui la psicopatologia di George si compie nella sublimazione del sé in merce e della merce in fenomeno artistico.

La giacca rappresenta quel plusvalore che giustifica il plus de jouissance posta al servizio del mondo delle merci: il discorso del capitalista, come dice Lacan, è quella macchina del godimento, che implica l’assenza di legge, l’assenza di rimozione, l’assenza del sentimento dell’impossibile: qui tutto è possibile, tutto diventa possibile.

George non ha limiti, è una macchina acefala di godimento; il nuovo padrone, la merce, la giacca, non ha un volto umano; l’iperattività di George è ebbrezza, maniacalità bulimica, astuzia di macchina infernale, perché l’oggetto prodotto da questo godimento non è finalizzato a colmare la mancanza ma è finalizzato a produrre una pseudo mancanza votata a rilanciare costantemente la domanda in uno stato di convulsione iperattiva permanente.

La servitù volontaria diagnosticata da La Boétie ha una nuova pelle, non è più quella della dialettica servo-padrone ma quella del consumo alienato che diviene un dovere supplementare.

Quentin Dupieux, il Guy Debord della regia contemporanea, rende la merce sensibilmente sovrasensibile e piena di capricci teologici, un mondo stregato, dove le cose dominano i vivi e dove l’umanità si perde proprio laddove dovrebbe trovarsi.

Ed ecco che con la figura di Denise, il dispiegamento diviene metafisico, tanto che lo snuff-movie ripreso dalla videocamera di George viene fagocitato nel montaggio e sublimato beffardamente in arte.

Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra persone, mediato da immagini.

23-Jun-2023 di Beatrice


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