
Recensione di Fabian On 27-Oct-2023
La partecipazione del prossimo alla nostra sorte è un’alternanza di gioia maligna, invadenza e saccenteria.
Camera asettica, poltroncine e piccoli tavoli; entrano ragazzi vestiti tutti uguali: polo gialla, bermuda beige, calzini viola, sneakers.
Si mettono in circolo e iniziano a parlare di autocontrollo, stress, consapevolezza, dieta, riduzione inquinamento, alimentazione consapevole.
Domanda della docente: come si aumenta la consapevolezza mangiando una tavoletta di cioccolato?
Inspirare, espirare, “sei tu con la tavoletta”.
Siamo alla Talent Campus una scuola per talenti, almeno “questo è quello che dicono e vogliono i genitori” sostiene la direttrice, parlando con la nuova docente Novak che si occuperà di alimentazione consapevole dopo essere stata scelta dal consiglio dei genitori come pioniera sul campo.
“C’è più in te” è il motto, “ raggiungere le stelle” l’obiettivo della scuola, alla quale non si riesce a dare una collocazione geografica, tuttavia quella temporale sembra assolutamente contemporanea.
Oltre allo sport e all’apprendimento del Mandarino, per i genitori è importante migliorare le competenze alimentari dei ragazzi.
La docente produce anche un fasting tea con il suo volto sulla confezione, che regala alla direttrice.
Essere vegani sembra ormai fuori moda e occorre comprendere come si mangia consapevolmente.
Interessante è osservare due genitori che parlano della necessità di ridurre i consumi all’interno di una villa di estremo lusso con piscina e irrigazione in funzione.
In un’altra villa luxury, piena di arte contemporanea, una madre, aggirandosi per casa come se dovesse andare ad un ricevimento, in look perfettamente Chanel, sente la figlia Elsa, vomitare in bagno.
Nella prima parte del film si ripete il suono di percussioni in modalità tamburi giapponesi Taiko, che conferiscono all’ambiente un’atmosfera di mistero, rimandando anche all’importanza della postura, dei movimenti del corpo, ispirati alle arti marziali e ai principi del Buddhismo Zen e alla giusta quantità di energia che consentono di sviluppare e manifestare la vera forza interiore armonizzandola con il proprio corpo.
I ragazzi durante il week end tornano a casa ma Fred, il talento della danza ha i genitori in Ghana, stanno seguendo un progetto in loco e hanno affidato la cura del figlio problematico a questa struttura.
La Prof. Novak, penserà di dedicargli del tempo per fare yoga la prima volta, la successiva lo porterà con sé all’opera.
L’insegnamento della docente consiste nell’apprendere come mangiare meno e avere di conseguenza meno fame consapevolizzandosi che questo è indispensabile al pianeta, alla propria purificazione, all’allungamento della vita, fino a pervenire alla autofagia.
Ogni volta che i ragazzi accedono alla mensa arrivano al tavolo con meno cibo sul vassoio, mangiando sempre più lentamente e tagliando in pezzi piccolissimi le porzioni.
Solo uno di loro Ben non intende seguire quel metodo in quanto la madre adora cucinare e lui non vuole deluderla.
Ben è l’unico vero talento del gruppo, è orfano di padre, ha origini modeste e può accedere al percorso scolastico dell’istituto solo con una borsa di studio per la quale la Prof. Novak non intende appoggiarlo in quanto lui non segue la sua metodologia di apprendimento della alimentazione consapevole.
L’unica madre a rendersi conto del danno eventuale che la professoressa può produrre nei ragazzi è proprio la mamma di Ben, mentre gli altri genitori si preoccuperanno di allontanarla per il fatto di aver trasgredito la regola di frequentare uno studente al di fuori del contesto scolastico.
La preoccupazione per una pericolosità relativa rispetto ad una assoluta.
Scene più o meno sarcastiche e inquietanti si dipaneranno nel corso della pellicola, estremamente avvincente e significante.
Come quella del bacio abortito o di quando si discute di equità economica, o dell’acquisto delle sedie nell’aula di musica.
La direttrice sostiene che i genitori non hanno tempo per occuparsi dei loro figli e pertanto la scuola/collegio deve prendersene completamente cura, soprattutto della salute: “i genitori non possono essere scontenti, con tutto quello che pagano!”.
Liberarsi dalle catene della lobby alimentare vuol dire arrivare a non nutrirsi affatto e poter così accedere all’ultimo step, al Club Zero.
D’altronde non c’è bisogno di prove scientifiche per qualcosa che funziona, sostiene la Novak.
La meditazione è fondamentale, come la mindfullness ma soprattutto è una questione di fede: credere fino in fondo al Club Zero per combattere la transitorietà dell’esistenza.
E così accadrà tutto nella notte di natale, mentre suona un canto Gospel: il quadro tanto amato dalla professoressa di consapevolezza alimentare si animerà di presenze eterne.
Un film di denuncia sulla condizione adolescenziale, familiare, scolastica, socio-economica.
Un film di ingerenza genitoriale sulle vite dei figli, le loro scelte scolastiche e professionali; sul rovesciamento del complesso edipico freudiano, sull’evaporazione del padre, la sua assenza in quanto autorità simbolica della legge che rappresenta.
Un film sulla contemporanea incapacità genitoriale che si espleta nell’elemosinare l’amore dei propri figli inseguendo tuttavia, spasmodicamente il principio di prestazione per prevenire e evitare il fallimento degli stessi.
Un film sulla fede, come era stato Lourdes; sulla scienza, come era stato Little Joe, sul suicidio, come era stato Amor Fou: tutti temi, cari e ricorrenti nella sofisticatissima cinematografia della Hausner.
Qui però c’è il dito puntato anche sulla questione socio-economica e sulla responsabilità dello scollamento dalla realtà che comporta la provenienza da contesti economici di capitalismo estremo.
Un film sulle verità e sul pericolo che queste comportano soprattutto quando si reputa siano radicali o del tutto prive di ogni fondamento.
Quelli della Hausner sono comunque ambienti chiusi, quasi a voler sottolineare la mancanza di ossigenazione e la claustrofobia critico/sociale che questo può comportare: spesso ricorre ad uniformi, come in questo caso, la divisa dei ragazzi o come erano i camici dei biologi di Little Joe.
Un film sul cibo e la sua ossessione, laddove c’è una overproduzione di programmi e social sulla cucina mentre una vasta percentuale di giovani soffre di disturbi alimentari e circa 24000 persone muoiono al giorno per fame o cause ad essa correlate.
Un film sulla necessità di sentirsi parte di un gruppo e riconosciuti ad una appartenenza, ad una etichetta, ad una elite: pena l’invisibilità.
Un film soprattutto sulla manipolazione che i genitori esercitano sui propri figli, con le loro aspettative, con le loro misere proiezioni, per costruire la propria immagine e supportarla attraverso i loro successi, rendendoli così facili prede a manipolazioni altrui dopo averli consegnati ad un mondo spaventoso.
Un film extraordinario che riesce a inquietare denunciando con un ritmo incalzante la sceneggiatura indelebile di una eredità mostruosa nella quale il diffondersi di disagi psichici è semplicemente la dimostrazione della crisi profonda del processo di filiazione reale e simbolica.
Molti genitori non si rendono conto della frequenza con cui comunicano non accettazione ai figli semplicemente interferendo, intromettendosi, controllando, partecipando alle sue attività.
27-Oct-2023 di Fabian