
Recensione di Beatrice On 20-Aug-2023
La vita è una resistenza continua all’inerzia che tenta di sabotare il nostro volere più profondo. Chi si stanca di volere vuole il nulla.
La resistenza di Cristovam è la protagonista.
Un uomo originario del nord, luogo povero e popolato dai discendenti degli schiavi africani e delle tribù indigene, dopo 20 anni di lavoro in un caseificio, deve trasferirsi nel sud, ricco e identificato con le sue origini europee.
La stessa dirigenza aziendale lo accoglie per sottoporgli una proposta che un “anziano, nero” per giunta, non può non accogliere: la crisi che ha colpito la famiglia austriaca Keinz impone sacrifici, la riduzione di spese e quindi la modificazione del salario di alcuni collaboratori con la perdita di tutti i benefici acquisiti dopo decenni di lavoro. Un monologo surreale dai tratti scenografici Anderssoniani, dove il padrone parla in tedesco e la segretaria traduce con estrema sintesi robotica in portoghese.
Quest’uomo trasferitosi per sopravvivenza in una ex colonia austriaca, nell’area più reazionaria, razzista e ricca del Brasile, occupa una casa abbandonata, che rappresenta la metafora della sua esistenza.
Entrambi nella solitudine di un contesto disumano tra il bianco e argento igienico della fabbrica di latte nella quale lavora e i colori caldi della casa nella quale vive e scopre reperti folkloristici della sua terra.
Dai tratti documentaristici trae ispirazione dai film d’avanguardia degli Anni ’20, ’60 e ’70, come sostiene il regista, recuperando la figura del vecchio che resiste assumendosi la responsabilità della sfida in virtù di una provenienza da celebrare senza esitazione.
Il regista intende ricreare la metafora del Brasile odierno; attraverso la figura di Cristovam in una regione, quella di una colonia austriaca, fondata da persone fuggite, dopo la seconda guerra mondiale, perlopiù naziste; coinvolgendo persone vere del luogo, volendo far riflettere sulla contemporaneità politica e sociale e sul pericolo della perdita della memoria.
Cristovam rappresenta una sorta di collettivo culturale, attraverso silenzi, sguardi su una realtà cinica e crudele a tratti visionaria.
Insulti razzisti perpetrati da ragazzini bianchi e già vigliacchi che indossano fucili e torturano animali.
Resistere significa rendersi conto che siamo circondati da cose scandalose che devono essere combattute con vigore. Significa rifiutare di lasciarsi andare a una situazione che potrebbe essere accettata come disgraziatamente definitiva.
Non c’è resistenza senza violenza subita e reagita, difronte a manifestazioni di discriminazione e di ignoranza.
Nella casa abbandonata e recuperata, il “negro” come lo chiamano quelli del posto, recupera tracce del passato, tra gli oggetti/retaggio del colonialismo rappresentati consumando gli strati sovrapposti delle pareti vandalizzate e vestendo i panni ancestrali del mandriano minotauro.
NON C’E’ ARTE SENZA RESISTENZA, come sostiene il regista, e lo spirito di Cristovam si rianima dopo anni di prepotenze dimenticate e mistificate.
Un’opera prima sorprendente e enigmatica, un linguaggio cinematografico di forte denuncia politico/sociale, strutturato da un’estetica sofisticata e provocatoria.
Creare è resistere, resistere è creare
20-Aug-2023 di Beatrice