Bird

Andrea Arnold Questo film è stato presentato a Cannes Film Festival Bird Drama • 2024 • 2 hours

Bailey ha dodici anni e già porta addosso il peso di un mondo rotto: quello degli squatter. Cresce nel Nord Kent, tra palazzine graffitate e sbriciolate e sogni che non arrivano mai a fine giornata. Suo padre, Bug, l’ha messa al mondo da adolescente e ora sta per sposare Kayleigh, anche lei diventata madre troppo presto. In quel quartiere è la normalità: madri ragazzine, uomini rabbiosi, violenza che si mangia l’infanzia.
Ogni giorno, Bailey combatte. Contro il corpo che cambia, contro la paura che Skate il nuovo compagno della madre, sia l’ennesimo uomo da cui difendersi. Contro il pensiero fisso che i fratelli più piccoli possano finire male. Nessuno protegge nessuno, lì dove vive lei, tranne il fratello Hunter.
Poi arriva Bird, uno strano tipo, un folletto fuori posto come un sogno in mezzo al fango. È diverso. È imprevedibile. E in un modo che Bailey non capisce subito, potrebbe cambiare tutto.
Recensito da Beatrice 23. April 2025
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Chi è ai margini vede tutto. È solo che nessuno lo vede.
(Ocean Vuong)



Un racconto di formazione che scorre tra le rovine sociali del Kent. Una dodicenne, Bailey, costretta a muoversi troppo in fretta in un ambiente che le ha insegnato fin da subito che niente è garantito. La interpreta Nykiya Adams, debuttante, immersa tra figure già consolidate come Franz Rogowski e Barry Keoghan, ridotto a un corpo tatuato che prova a fare il padre senza saperne il significato.
Bug, infatti, è un ragazzo diventato genitore a 14 anni. Ora è pronto a risposarsi con Kayleigh, un’altra giovane madre, come se rifare lo stesso errore con un’altra faccia fosse un’evoluzione. Sabato si sposano, e le damigelle – bambine come Bailey – dovranno indossare tutine leopardate rosa con paillettes, mentre la musica a palla rimbalza sulle pareti di una casa invasa da insetti, sporcizia, scritte e disordine. Il muco allucinogeno prodotto da un rospo è al centro di una microeconomia casalinga, è diventato merce di scambio, “una gallina dalle uova d’oro”.
Bailey vive in mezzo a questo ciclo rotto: fratelli più piccoli da proteggere, un patrigno potenzialmente violento, una madre assente, un quartiere che non offre alcuna alternativa. Il mondo intorno è saturo di frustrazione, di abbandono. La violenza non è eccezione: è la norma.
Intorno a lei, l’infanzia non esiste più da tempo, sostituita da una forma di sopravvivenza precoce, cruda, imparata a memoria. Una banda di ragazzini occupa una casa in rovina: Bailey vede, scappa, urla. Cavalli appaiono nella campagna, il vento si alza, qualcosa di antico e animalesco si muove.
La sua esistenza è un equilibrio sul filo sottile che separa il reale dal miraggio. Il corpo cambia, i codici si moltiplicano, e la paura si annida nei piccoli gesti quotidiani: Skate, il compagno della madre, potrebbe un giorno esplodere. E se così non fosse, sarebbe l’eccezione a una regola brutale. Skate ha già ucciso il cane di casa con un calcio, come si schiaccia un fastidio.
In questo spazio inquinato, Bailey incontra Bird – un uomo fuori tempo, forse fuori dalla realtà. Un outsider, uno che vaga senza meta e senza scuse. Rogowski lo interpreta come una presenza a metà tra il reale e il virtuale, e proprio per questo, essenziale. Non è un salvatore. Non porta risposte. Ma in mezzo al rumore osserva e ascolta. Sale sui tetti, fa un piccolo balletto, racconta di un padre che non sa come si chiamava  e di una madre che forse si è buttata in una palude.  Bayley in un momento di dolore gli chiede: “Sai cos’è lo stritolamento?” – come se il dolore fosse l’unico modo per provare a essere reali.
Arnold non cambia registro: macchina a mano, addosso ai corpi, attaccata agli occhi. Il punto di vista è quello di Bailey, la sua confusione, la sua ricerca, il suo silenzio. Il film non costruisce una trama: osserva. Taglia momenti, li lascia vivere. Non giudica. Non abbellisce. Ogni cosa viene lasciata a nudo.
Il post-punk dei Fontaines D.C. apre e chiude il film come una scarica elettrica. "Is it too real for ya?" chiedono, ma forse è il contrario: è troppo irreale per essere ignorato. Il mondo che Arnold filma è quello in cui crescere è un atto di sopravvivenza e autodifesa, non un percorso. Bird è una parentesi, un contatto umano che non pretende nulla, ma rende il peso della vita un attimo più leggero.
Nel cuore del film, Bailey rivede un filmato e sorride: è un attimo di tregua, forse un ricordo, forse solo una fantasia. Porta le sorelle e il fratello in spiaggia con Bird. Nell’acqua, Bailey urla: “Ci sono i pesci!” – come a dire che forse qualcosa vive ancora, sotto tutto questo.
C’è un’idea precisa: la marginalità non ha bisogno di spiegazioni, ma di essere vista e riconosciuta. Bailey non è una vittima esemplare. È viva, e basta. Arnold la segue senza mitizzarla, e proprio per questo riesce a dirci qualcosa di più profondo: l’adolescenza, per molti, è già un dopo, è già troppo.
Bird non consola. Registra. Andrea Arnold gira il suo film più diretto, forse il più efficace. Nessuna estetizzazione della miseria, solo il tentativo ostinato di restituire uno sguardo, che spesso viene ignorato, con una favola distorta.


Cambiare pelle è l’unico modo che abbiamo per restare.
(Chandra Livia Candiani)
 
 

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