APRIL

Dea Kulumbegashvili

2h 14m  •  2024

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Recensione di Beatrice On 05-Sep-2024

Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza: con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito, ed egli dominerà su di te.

Un corpo fetale si muove a stento sull’acqua, con passo indeciso verso il buio.

Un parto naturale in diretta.

Zona rurale della Georgia

Nina lavora in ospedale, è una ginecologa esperta, molto stimata dai suoi colleghi.

Si presta inoltre per ragioni ideali e umanitarie a praticare aborti clandestini in un paese che li considera illegali. Si dedica incondizionatamente alle sue pazienti, anche se questo significa oltrepassare il limite legale o sociale. Ma dopo essere stata accusata di negligenza, a causa della morte di un bambino, dovrà considerare i rischi e le scelte.

Il bambino è morto, dichiara perché la mamma non ha acconsentito al cesareo, sostiene inoltre che fosse serena e che la morte del figlio non sembrava un trauma.

Piani sequenza fissi su natura e paesaggi piovosi e cupi e su campi colorati e confortevoli.

La natura a volte minacciosa altre fiorita e rassicurante si intervalla ai suoi percorsi in auto, ai suoi incontri sessuali occasionali all’essere fetale femminile e logoro, precario e misterioso.

Aborti clandestini perché ci sono donne che non possono avere figli, che non hanno i soldi per prendere la pillola, che non possono dire di no…

Nina si sente investita di un ruolo, ha una missione e non può rinunciare nonostante rischi molto: il posto di lavoro e la reputazione.

Racconta a un suo collega un aneddoto di quando andando di nascosto al lago con la sorella non era riuscita a reagire ed era rimasta bloccata.

Una sedicenne musulmana si reca in visita inviata dalla madre che non comprende perché la figlia non rimanga incinta: la diagnosi di Nina è che il corpo della ragazza non è pronto e la psiche non l’accetta, pertanto stabilendo un patto segreto con la giovane escogita una soluzione.

Nina sa bene che la maternità non è affatto qualcosa di naturale e diventare madri non sempre è un’aspirazione

Pratica un aborto su un tavolo da cucina, 15 minuti di piano sequenza fisso: la sorella della ragazza sordomuta non comprende chi possa averla fecondatala; ma si saprà’ chi ne abusa da anni.

Torna il temporale, il fango l’essere fetale che si aggira nella sua casa.

Il film Inizia con un parto naturale finisce con un parto cesareo con epidurale.

Punti di domande che il film sollecita:

Cos’è un parto naturale cosa è un parto non naturale.

Cosa è naturale: volere o non un figlio, poter decidere se avere o non avere un figlio; avere una gravidanza desiderata o non desiderata; essere abusata e decidere di abortire; essere abusata e non poter decidere di abortire.

Nina incarna la missione, sa di non poter avere una vita con qualcuno, il suo sesso è perlopiù occasionale, trovato in strada, quelle strade che percorre nelle campagne sterminate fuori Tbilisi.

Ogni tanto la natura minacciosa incombe, altre volte è ancora bella e rassicurante.

Respiri, gemiti, lamenti, vento, pioggia sono la sonorità del film.

L’acqua è ovunque: il liquidò amniotico può essere molto pericoloso.

L’essere dalle sembianze di un feto invecchiato si aggira in luoghi bui: forse è il mistero della morte che incontra la vita, è il mistero di una natura scissa e in conflitto con la propria condizione “innaturale”.

Nina è una figura mitologica, la dea delle partorienti, una Artemide contemporanea, una amazzone emancipata e indipendente seppur afflitta dalla dicotomia e dalla convergenza tra esistenza e femminilità.

La colpa di una gravidanza o di un aborto non sono mai la responsabilità del marito violento, del cognato abusante, della cultura che sevizia il corpo femminile ma ila colpa ricade sulla donna e su chi pratica l’interruzione di gravidanza perché è contro le regole e le leggi.

Dea squarcia il velo dell’oscurità in cui si aggira quella donna fetale e misteriosa.

Dea squarcia il velo dell’oscurità della sala di “specializzati” che escono a sciami dalla proiezione, per non lasciarsi disturbare, sollecitare, per non lasciarsi inquietare dalla riflessione, per non indagare il mistero e la condizione rappresentata, per rimuovere qualunque dubbio e considerazione, per tornare nella propria acefala comfort-zone.

Dea accompagna Nina in un percorso in codice non difficile da decriptare, basterebbe un po’ di impegno intellettuale.

Il femminile incarna Eros e Thanatos nel suo corpo-laboratorio e nella sua psiche frastornata e lacerata da tutto quella potenzialità e da tutta quella mortificazione.

L’eventuale convergenza e il radicale conflitto tra l’esistenza e la femminilità sono rappresentati in modo assolutamente artistico ed estremamente disturbante.

Dea compie un’operazione epica, enigmatica: l’inquietudine femminile non potrà ricevere catarsi, la natura è stata crudele e solo una nuova nascita, una nuova dimensione, una cultura altra e soprattutto un altro corpo potrebbero consegnarle una possibilità diversa di essere.

L’ontologia di un femminile mutilato, alienato, misconosciuto di cui occorrerebbe prendere atto.

05-Sep-2024 di Beatrice


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