
Recensione di On 16-Mar-2024
Città indefinita, periodo sconosciuto.
Aeterna è una compagnia che consente di programmare i ricordi dei defunti in persone che decidono di vendere brevi percorsi della loro vita e del loro tempo a questa esperienza. Non sono sconosciuti ma pur avendo un altro corpo sono esattamente come le persone morte.
Se qualcuno vuole prendersi più tempo può ricorrere a questo servizio: avranno pochi incontri a disposizione per riuscire ad elaborare il lutto.
Consegnati e ritirati in box di tela, queste persone hanno una loro vita, inframezzata da queste pause: lo fanno per soldi ma non solo.
La sorella di Sal che lavora in Aeterna, gli consiglia di ricorrere ad una alternativa temporanea a Zoe che ha perso in un incidente stradale.
Inizialmente è contrario, poi in seguito ad un tentato suicidio, segue il consiglio della sorella. Arriva in casa una estranea che è però nei modi, nei comportamenti, nel carattere, nei ricordi esattamente come la compagna.
Un po' diffidente inizialmente Sal si lascia prendere dalla frequentazione fino a chiedere alla sorella di prolungare il periodo, sebbene questo non sia permesso dal protocollo. Inizia anche a seguire la donna alter Zoe per scoprire chi è e cosa la conduce a fare tutto questo.
Nothere diventa AnothereND, ossia da un non qui si arriva ad un’altra possibilità, un’altra fine che però non è del defunto ma di chi rimane nel dolore della perdita.
Oltre a chiedersi se questo sarà possibile soprattutto con l’esplosione dell’intelligenza artificiale con la quale tutto potrebbe essere programmabile; oltre a chiedersi quando sia etico e formativo il procrastinare una perdita soprattutto in una cultura che nega anche nel linguaggio la parola morte, rimane la domanda se sia mai possibile far tornare quello che è stato o se possa essere credibile nella quotidianità che un corpo diverso possa rappresentare una vita che non esiste più…
In una architettura distopica accompagnata da composizioni multimediali, si aggirano corpi di varia natura: oltre ai semplici viventi si possono incontrare locatari e locatori, vite intermittenti, tra dolore, rassegnazione, prostituzione.
Si possono acquistare pacchetti presenza di chi incarna nel suo corpo vivente, nella sua presenza reale e non prefabbricata, la psiche del defunto innestata nel corpo del noleggiato.
Con Noriko’s dinner table di Sion Sono e Alps di Lanthimos, si trattava il tema dell’elaborazione del lutto, ma in modo diverso: qui non c’erano corpi in locazione con programmazioni software di ricordi, lì erano persone che interpretavano la parte dei defunti, su richiesta di familiari, congiunti, conoscenti, per estrema solitudine e non solo.
In Another End tra disperazione e possibilità di dilazionare il dolore si induce ad una dipendenza dalla vita rispetto alla morte, differendo anche l’unica certezza, inevitabile, l’unica verità non falsificabile, l’unica sicurezza non dubitabile: la morte.
Quale rispetto per il defunto trasportato in una realtà non più sua, in un tempo altro e in un corpo straniero?
Un’anima che non incontra la pace neanche dopo la morte perché qualcuno può riacquistarla a nuova vita, altro che eutanasia!
La scelta di condurre vite part-time a tempo determinato per soldi o per far trascorrere il tempo insopportabile della vita, sembra forse l’elemento più sofisticato del concetto esistenziale del film.
Se la vita è una servitù, costellata da amore e morte, l’inquietudine prodotta dall’allontanamento della morte stessa può indurre alla dipendenza dal consumo ulteriore di vite altrui a proprio vantaggio: un mercato di esistenze frammentate, sezionate, asservite al profitto dell’illusione di differire l’inevitabile soprattutto a esclusivo servizio di chi può acquistare il prodotto.
Il potere economico di riportare in vita, seppur parzialmente, incentiva il mercato della sottrazione del disagio, del trauma, della accettazione, della sconfitta. La prometeica arroganza di governare l’ingovernabile per produrre il mercato della morte dilazionata, ratealizzata, differita per indurre il bisogno di asservire e controllare il cliente anche sul tema della morte e della sua eventuale procrastinabilità.
Un film cupo, claustrofobico, dalle tonalità grigie e la musica invadente, con un finale in crescendo, sofisticato e sorprendente.
130 minuti di inquietudini, riflessioni, domande e tentativi di risposta.
Occorre iniziare a considerare la redazione di un testamento biologico che vada oltre la mera espressione della volontà in situazioni di incapacità, dove rientra quella di non autorizzare “l’espianto e il reimpianto” degli organi del ricordo in altri corpi asserviti alla disperazione, al mercato, alla estraneità e alla inconsapevolezza. Il risveglio potrebbe essere fatale.
Dei mali della vita ci si consola con la morte, e della morte con i mali della vita. Una gradevole situazione.
16-Mar-2024 di