Terrone

Terrone

Terrone - mostra di Ugo Rondinone a Milano
Recensito da Beatrice 06. April 2025

La memoria è identità. Chi siamo non è altro che chi ricordiamo di essere.
( José Saramago)

Nel silenzio di un tempo che si fa presenza, la Galleria d’Arte Moderna si apre, dal 2 aprile al 6 luglio 2025, a un'esperienza che non è solo visiva, ma esistenziale. Ugo Rondinone, viandante tra mondi e memorie, espone a Milano il suo volto più vulnerabile, più radicato: “Terrone” non è titolo, ma confessione.

Non si entra in questa mostra, si attraversa. Ogni opera, ogni materia, ogni spazio, diventa un varco tra ciò che si è ereditato e ciò che si è scelto di diventare. Rondinone, nato in Svizzera, figlio di partenze e assenze, abitante di New York, plasma la propria traiettoria come un atto di resistenza all’oblio. Mutando forma, rifiutando ogni etichetta, egli non si traveste: si rivela. E in questa rivelazione, l’io diventa un noi politico.

Caroline Corbetta non cura, accompagna. Come una guida discreta, costruisce un percorso che non si limita alla contemplazione: conduce verso uno stordimento identitario. Qui, l’estetica si fonde con l’etica, e l’intimo si consegna al collettivo. Il termine “Terrone”, scolpito nella lingua e nella carne, non è più solo eco d’offesa: è materia d’arte, è gesto alchemico che trasforma il ludibrio in incontro.

Non c’è retorica, solo stratificazioni del vissuto. La nostalgia non abita queste stanze, ma una memoria che respira, pulsa, attende. Rondinone non costruisce un monumento, ma un organismo. Il gesso, il legno, il piombo: elementi umili che raccontano l’invisibile. Tracce di Sud, tra olivi e suoni,  sussurri di padri e madri. E poi Milano, che non osserva dall’alto ma attira, come si accoglie chi torna sapendo bene da dove è partito.

Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo non è qui come reliquia, ma come specchio. Lì i braccianti, qui i migranti. Cammini diversi, ma lo stesso desiderio: esistere attraverso il movimento. Non camminare per arrivare, ma per non dissolversi. Il passo diventa atto ontologico. Il corpo, bandiera di un’identità che si cerca nel dislocamento.
Rondinone interroga l’interiorità come se fosse paesaggio. Lo faceva già nel deserto del Nevada, tra le Seven Magic Mountains, pietre erette nel nulla come totem di un sacro dimenticato. Ma qui, tra le sale della GAM, quella soglia tra ciò che siamo e ciò che ci ricordiamo si fa carne. Ogni ambiente vibra. Ogni assenza pesa.

Non c’è eroismo, non c’è effetto. Solo la verità del frammento. E quella sua estetica del silenzio – così distante dal clamore, così vicina alla pelle – ci chiede di sostare. Di ascoltare ciò che non viene detto. Di abitare la fragilità come forma di conoscenza.
“Terrone” resta sulla pelle, all’uscita. Ma è mutato. Non più stigma, ma traccia. Non più suono vuoto, ma parola incarnata. È la prova che si può attraversare lo smarrimento senza rinnegarlo. Rondinone non pretende di dare risposte. Offre, invece, uno spazio. Uno spazio in cui il passato non condanna, ma accompagna. In cui l’identità non è mai data, ma sempre in divenire.

Ovunque vada, porto il Sud con me. Anche quando non lo riconosco.
(W. E. B. Du Bois)
 
2 aprile - 6 luglio 2025
GAM - Galleria d'Arte Moderna di Milano